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Il ritorno della guerra in Europa

Incontro con Luciano Bozzo, professore di Relazioni Internazionali UniFi

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  • Club: Arezzo
  • Autore: Anna Pincelli
  • Ultima modifica: Marzo 2023

Venerdì 10 marzo, presso l'hotel Minerva, si è tenuta la conviviale sul tema "Il ritorno della guerra in Europa", relatore il Professor Luciano Bozzo, docente di Relazioni internazionali e direttore del Centro Studi Strategici Internazionali presso l'Università degli Studi di Firenze, nonché membro dell'IISS britannico, che con accurata e brillante analisi, previo esame storico della situazione geopolitica teatro del conflitto, presentando diverse interpretazioni degli eventi, ha espresso considerazioni sui possibili futuri equilibri internazionali, esponendo infine ipotesi su come e a quali condizioni il conflitto potrebbe concludersi.
Nel corso della serata, in cui è stata gradita ospite la Dott.ssa Claudia Famà, Vice Questore e Dirigente della Divisione Polizia Anticrimine di Arezzo, è stata anche presentata una nuova socia, Monica Flaborea.

Docente di Relazioni internazionali e Teoria della politica internazionale presso il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università degli Studi di Firenze, direttore del Centro Universitario Interdipartimentale di Studi Strategici, Internazionali e Imprenditoriali (CSSII), coordinatore e docente del Master di II livello in "Leadership ed Analisi Strategica" presso la stessa Università in regime di convenzione con l'Aeronautica Militare Italiana, il professor Luciano Bozzo, aretino di origine, collabora su temi attinenti la sicurezza nazionale e internazionale anche con la Scuola Ufficiale dei Carabinieri a Roma, con la Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia del Ministero degli Interni e con la Scuola di formazione del Dipartimento per le Informazioni per la Sicurezza (DIS) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in convenzione con il quale dirige il Corso di Perfezionamento in "Intelligence e sicurezza nazionale", oltre ad esser membro dell'International Institute for Strategic Studies (IISS) di Londra: autore di varie pubblicazioni in materia di sicurezza e politica internazionale è quindi figura altamente qualificata per esporre una tematica così complessa e drammaticamente attuale.

Il professore ha subito catturato l'attenzione dei presenti introducendo l'argomento con un'analisi storica della situazione geopolitica teatro del conflitto, evidenziando come l'attuale non sia il primo conflitto armato scoppiato in Europa dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, avendo già assistito, tra il 1990 e il 2001, a quello insorto nei territori dell'ex Jugoslavia. Questa volta però non si tratta di uno scontro interno ad uno stato causato da motivi etnico-religiosi, ma di uno stato sovrano che ne ha attaccato un altro, devastandolo e scatenando una situazione bellica molto delicata e pericolosa che dura ormai da oltre un anno e che ha assunto tutte le caratteristiche tipiche novecentesche di una "guerra totale" per coloro che ne sono coinvolti, con immani distruzioni ed elevate perdite di vite umane.
     Esponendo le possibili diverse interpretazioni degli eventi il relatore ha illustrato le due principali tesi sull'origine di questo conflitto, iniziato il 24 febbraio 2022 ma che si trascinava dal 2014, quando il problema è sorto nel Donbass: la prima tesi è che sia frutto di una catena di eventi tra cui, importante, l'espansione verso Est della NATO e dell'Europa che hanno varcato i confini storicamente stabiliti, ignorando gli avvertimenti della Russia di rispettare gli accordi presi. La seconda tesi fa dipendere l'inizio dello scontro dall'avvicinamento dell'Ucraina all'Europa e all'Alleanza Atlantica, mossa ritenuta intollerabile da parte di Vladimir Putin. Spiegando le motivazioni della svolta atlantista di Finlandia e Svezia e descrivendo l'importante ruolo svolto dalla NATO, il relatore ha evidenziato come in ogni considerazione occorra tener conto della molteplicità e complessità degli elementi esterni in gioco.
     Ha poi ricordato come dal 25 dicembre 1991, data della nascita della Federazione Russa, i capi del governo, Dimitrij Medvedev e Vladimir Putin, abbiano intrapreso continue guerre di espansione: la prima e la seconda guerra in Cecenia (1994/1996 e 1999/2009), in Crimea (2014), Donbass (2014), le guerre civili in Libia (non ufficialmente, ma con l'invio della Compagnia Wagner, l'esercito dei contractors russi) e Siria, in Nagorno Karabakh (2020) ed infine in Ucraina (2022).

La guerra in Ucraina ha, per adesso, attraversato quattro fasi: la prima (durata un mese circa) finalizzata a sostituire il presidente Volodymyr Zelens'kyj attuando a Kiev un "regime change", doveva, nelle previsioni, svilupparsi come guerra lampo; fallito il tentativo dell'offensiva russa, nonostante le numerose perdite umane e materiali, è iniziata la seconda fase, durata da aprile a fine agosto, con la tradizionale strategia militare sovietica di "consumo attrito" (impiego senza risparmio dei tanti uomini e mezzi a disposizione, contando sulla superiorità demografica, l'arsenale e il complesso militare-industriale), registrando lente e progressive conquiste russe in primavera-estate. Esauritasi l'offensiva sovietica senza provocare il crollo ucraino, la terza fase, da settembre a gennaio 2023, nell'alternanza tipica di ogni guerra che si prolunghi senza esito decisivo, ha visto la controffensiva ucraina, con riconquista di parte dei territori perduti; spentasi quindi con l'arrivo dell'inverno la resistenza ucraina, la quarta fase, in corso adesso, vede una nuova offensiva russa (sempre di attrito) con massiccio impiego di mezzi e di uomini.

Poiché le guerre di attrito, come ha dimostrato la Prima Guerra Mondiale, "terminano per esaurimento delle risorse umane e materiali o per collasso interno di una delle parti", stante la sostanziale staticità della situazione sul campo, quali possibili scenari si aprono?
Putin non sarà eliminato perché molto radicato nell'apparato interno e i residui oppositori, i tecnocrati non favorevoli alla guerra che non hanno lasciato il Paese, sono stati tutti tacitati, casualmente scomparsi per suicidi o morti improvvise, mentre "l'opinione pubblica si è compattata sensibile al richiamo nazionalista".
Se quindi la "solidità politica della leadership russa non appare in discussione" e, nonostante le sanzioni, è anche plausibile che Mosca ottenga sostegno esterno su ampia scala, più delicata appare la situazione occidentale, sia per le possibili "tensioni e fratture nella coalizione pro-Kiev" derivanti dal logoramento bellico, sia per la "difficoltà dei Paesi alleati di mantenere le forniture militari necessarie" all'Ucraina.

Tuttavia entrambi i contendenti non possono perdere accettando "un esito del conflitto che non giustifichi gli enormi costi sopportati", né la NATO può acconsentire al crollo dell'Ucraina per le conseguenti ripercussioni sull'Alleanza: quindi come può risolversi la situazione?
Una ipotesi può esser quella di uno stallo militare, cioè una tregua infinita come è avvenuto nel conflitto Corea del Nord-Corea del Sud, tra cui non è mai stato firmato un accordo di pace. Mentre l'alternativa implica che "la naturale tendenza all'escalation, propria delle lunghe guerre d'attrito", possa evolvere o in senso "orizzontale", ossia con il coinvolgimento diretto di altri paesi nel confronto bellico, o in senso "verticale", eventualità molto più pericolosa per il rischio di impiego di armi a più alto potenziale distruttivo - minaccia del resto continuamente evocata - da quelle nucleari tattiche, cioè a basso impatto/intensità limitatamente ad obiettivi specifici, fino a quelle di distruzione di massa, ovviamente con conseguenze disastrose.
Inoltre le ripercussioni sui cambiamenti dell'assetto internazionale, considerando il ruolo dei diversi players, quali Cina e Turchia, potrebbero comportare ricadute in altri equilibri, come quello tra Cina e Taiwan; mentre lo spostamento verso Est degli equilibri NATO determinerebbe la perdita di interesse della zona verso il Mediterraneo, fatto non positivo per l'Italia.

Il relatore ha concluso affermando che, purtroppo, non si vedono condizioni perché il conflitto possa terminare: la guerra di attrito potrebbe evolvere in una situazione di "tipo coreano", mentre invece, se lo scontro dovesse alzarsi ad un livello di violenza ancora maggiore dell'attuale, la guerra potrebbe sì concludersi in breve, ma inevitabilmente in modo altamente drammatico.

All'intervento, molto apprezzato dai presenti, è seguito un breve dibattito aperto che ha denotato il vasto interesse e coinvolgimento suscitato dall'argomento e dall'elevato e competente livello della trattazione.

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