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Presentazione libro di M.F. Chiappe

Interviene la presidente M.Alessandra Pelagatti

Presentazione
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  • Autore: Carla Sanjust
  • Ultima modifica: Aprile 2022

Presentazione presso la Fondazione Banco di Sardegna del romanzo Non è lei, della giornalista M.Francesca Chiappe, organizzata da Officine Books. All'incontro, coordinato da Gianni Massa, hanno partecipato il presidente della Fondazione Antonello Cabras, l'autrice del libro, l'avv.A.Maria Busia e la presidente del nostro club, ospite della serata. Illustrate le finalità del Soroptimist, ha descritto i principali progetti nazionali per combattere la vittimizzazione secondaria. Perno del romanzo infatti è l'uccisione di una magistrata cagliaritana e la successiva campagna di vilipendio della vittima che si scatena nei media e sui social ipotizzando scenari torbidi quali antefatti del delitto: ciò sulla scorta dell'atavico pregiudizio che lega la fine violenta di una donna, specialmente se bella e affermata, ad un passato inconfessabile, e tace invece sull'assassino. 

L'incontro, incentrato sulla presentazione del libro "Non è lei", si è svolto in forma di intervista all'autrice da parte dell'avvocata Busia. Alle domande e risposte, che hanno messo a fuoco i personaggi del libro, l'ambientazione cagliaritana della trama e i richiami a luoghi noti della costiera sud-orientale sarda, in cui si consuma il delitto, si sono intrecciate le riflessioni di volta in volta sollecitate agli altri protagonisti del dibattito dal coordinatore, dall'intervistatrice e dalla stessa M.Francesca Chappe. Riflessioni focalizzate sui temi principali trattati nel libro: la colpevolizzazione della donna vittima di femminicidio, il ruolo giocato in questo massacro mediatico dal sistema dei social e dal linguaggio di stampo sessista utilizzato, i possibili rimedi ad una situazione come quella italiana, in cui il tasso di protezione giudiziaria della vittima di violenza è ancora basso, malgrado i progressi legislativi e culturali, notevoli ma insufficienti, registrati negli ultimi anni.

Precisato il concetto di vittimizzazione secondaria, la presidente ha chiarito che essa si manifesta in due forme: da un lato il vilipendio della vittima sui media e sui social, con una pressante rievocazione del suo passato alla ricerca di episodi o stili di vita indicativi della sua propensione alla libertà e disponibilità sessuale, con evidente intento colpevolizzante; d'altro lato la vittimizzazione che sovente si sviluppa nel processo penale in cui la donna viene sentita come teste della violenza sessuale o familiare subita, attraverso esami ripetuti ed estenuanti, tesi a ricostruirne il passato in chiave colpevolizzante. Esami che talora si svolgono alla presenza dell'imputato e perciò in un clima di soggezione e paura, e si articolano in domande volte a ottenere da lei i dettagli più umilianti e intimi dell'aggressione subita, ovvero a contestarle le differenze, anche le più insignificanti, tra il racconto reso in sede di denunzia, perciò in epoca più prossima al fatto, quando il ricordo era più fresco, e quello attuale. Differenze che la donna è incalzata a spiegare, spesso con toni ostili o sarcastici, il cui effetto è quello di agitarla, confonderla, farla apparire come una testimone incerta, insicura, contraddittoria e in definitiva inaffidabile, una persona che ha raccontato un fatto non accaduto o accaduto sì, ma con il suo consenso.

Di qui la necessità di cautele a contorno della testimonianza della persona vulnerabile, quale è la donna vittima di violenza, dirette a garantire la serenità, dignità e in definitiva la affidabilità della deposizione, in funzione di contrasto alla vittimizzazione secondaria processuale.

E' stata l'Unione Europea che, ponendo fine al silenzio lungamente osservato su questi temi dal nostro legislatore, ha imposto agli Stati membri, e perciò anche all'Italia, con la Direttiva n. 29 del 2012, di adottare nei rispettivi ordinamenti interni uno standard minimo di misure atte a garantire protezione e assistenza ai testi vulnerabili, comprese le vittime di violenza. Misure dirette, in particolare: a) a impedire il contatto fisico, anche solo visivo, tra accusato e vittima, pur salvaguardando il diritto di difesa, così da escludere che la deposizione in giudizio si svolga in un clima di soggezione e di paura; b) a garantire alla vittima di raccontare la sua esperienza di violenza, fin dall'inizio del procedimento, vale a dire dal momento della denunzia, in locali non opprimenti e ostili, al fine di mitigare il disagio insito nel racconto di fatti estremamente intimi e personali.

E' nella prima direzione che il Soroptimist ha attivato fin dal 2012, pertanto nell'immediatezza della Direttiva, il progetto nazionale per la realizzazione nei palazzi di giustizia italiani di aule protette destinate all'ascolto di donne e minori, allestendo locali appositamente attrezzati a questo fine in una settantina di tribunali, vale a dire in circa la metà dei tribunali del nostro Paese.

Si muove invece verso il secondo obiettivo il progetto nazionale "Una stanza tutta per sé", che ha consentito al Soroptimist - a partire dal 2013 e a seguito di distinti protocolli con il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e con il Ministero dell'Interno – di allestire in ben 196 tra Caserme CC e Questure italiane, dei locali arredati in modo accogliente e rassicurante e destinati a ricevere donne intenzionate a denunziare fatti di maltrattamenti, di stalking, di abusi sessuali.

La nostra associazione in definitiva ha svolto, come chiarito dalla presidente, una funzione di supplenza della azione dello Stato, fornendo le strutture concrete necessarie affinchè la disciplina europea di contrasto alla vittimizzazione secondaria processuale non restasse lettera morta nel nostro Paese ma trovasse invece applicazione, nell'interesse delle donne e senza alcun costo per la collettività.


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