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Il Club ha celebrato la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne in due direzioni: ha aderito, in una proiezione verso l'esterno, alla campagna Orange the World, con l'accensione in arancione della Caserma CC di Cagliari, e la diffusione del messaggio Read The Signs, lanciato dal SIE; sul versante interno, ha promosso la riflessione delle socie su tema della violenza di genere attraverso la conversazione della prof. Maria Spanedda, docente di Latino e Greco, dedicata all'analisi della concezione della donna nell'Antica Grecia, a partire dai testi greci sul tema e soprattutto dai miti, fondamentali chiavi di lettura di quella civiltà da cui in gran parte discende, attraverso i Romani, la nostra cultura occidentale. 

Incontro  con gli studenti dell'I.I.S. Michele Giua. Concorso a premi per gli studenti.


Le iniziative assunte dal club per celebrare il 25 novembre muovono dalla considerazione che il tema della violenza sulle donne, centrale per il SI ormai da molti anni, richiede necessariamente un duplice impegno: da un lato un intervento concreto e incisivo sul tessuto sociale, che coinvolga le istituzioni, il mondo della scuola, le imprese; d'altro lato una riflessione profonda, personale e collettiva, sul fenomeno e le sue molteplici sfaccettature.

Nasce da questa idea, in primo luogo, l'adesione alla campagna Read the signs, attivata dal club grazie al determinante contributo di Federfarma Cagliari attraverso la diffusione capillare delle locandine predisposte dal SIE, di cui sono state tappezzate le farmacie, ma anche market, negozi, palestre e sedi istituzionali (Tribunale e Procura Minorenni, Questura e Commissariati P.S., le 83 caserme CC facenti capo al Comando Provinciale di Cagliari, Licei cittadini e Facoltà universitarie), nonché le stazioni ARST di Cagliari e provincia. Si inquadra nella stessa iniziativa l'incontro del 25 novembre con gli studenti dell'I.I.S. Michele Giua, ai quali la presidente del club ha spiegato il senso della Giornata per l'eliminazione della violenza sulle donne, la distruttività sociale del fenomeno e l'importanza di leggere i segnali della relazione tossica, rappresentati nelle locandine e nei videoclip del SIE, che Carla Sanjust ha contestualmente proiettato agli studenti. In occasione dello stesso incontro, tenutosi nell'aula magna dell'Istituto, il Club, d'accordo con la Dirigente Scolastica Maia Romina Lai, ha lanciato un concorso a premi volto al confezionamento da parte degli studenti di brevi video o power point aventi ad oggetto la violenza sulle donne e in particolare i comportamenti "sentinella" di una relazione tossica. Il concorso ha evidentemente lo scopo di provocare nei ragazzi una riflessione personale e attiva sul tema, per non ridurli a meri fruitori passivi di una narrazione esterna.

Ciò premesso, siamo anche consapevoli - come sopra rilevato - che la lotta alla violenza sulle donne non può prescindere da un componente intellettuale, vale a dire dalla conoscenza profonda del fenomeno, a partire dalle sue radici e dalle sue origini.

La conversazione di Maria Spanedda ha rappresentato una importante tappa di questo percorso conoscitivo, iniziato nel febbraio scorso attraverso la conferenza di Maria Corona sulla concezione e condizione della donna nelle civiltà mesopotamiche del I millennio a.C., quale emerge dalla Bibbia. Una donna, quella biblica, nata dall'uomo, estratta dal suo corpo e perciò a lui funzionale, pertanto apprezzata come risorsa fondamentale nel ruolo di moglie e di madre, ma temutissima ogniqualvolta deragli da questo schema e metta in campo le sue innate doti di tentatrice e seminatrice di discordia, a cominciare da Eva.

La donna greca giunge all'uomo come dono degli dei, nelle sembianze di Pandora: è - diversamente da Eva - un essere costituito di materia diversa dall'uomo, e in quanto tale dotato di qualità specifiche, la bellezza, il fascino, la capacità di procreare, ma – come la donna biblica – è pericolosa, avendo portato all'uomo, con l'apertura del celebre vaso, tutti i mali.

I miti e i testi greci, da Esiodo a Platone, passando per i Canti Ciprici, ci restituiscono pertanto l'idea di una donna che non merita disprezzo, anzi una donna che, assoggettata agli assalti sessuali prepotenti degli dei, suscita simpatia: così Dafne, Proserpina, Danae. E suscita anche ammirazione in quelle figure come Rea e la stessa Danae che assicurano la discendenza sottraendo i figli alla voracità distruttiva dei padri preoccupati soltanto di perdere il potere (da Urano a Crono).

Ma per le stesse ragioni, per la sua capacità di spodestare il marito, sia pure a favore del figlio, avvalendosi della propria scaltrezza, la donna greca suscita anche paura, al punto da spingere il Potere rappresentato da Zeus, il re degli dei, a neutralizzarne la dote apparentemente più esclusiva e pericolosa, quella di procreare e partorire: Zeus, uccisa la sua amante Metis incinta, partorisce lui la figlia Atena estraendola dal proprio cranio. Ne deriva l'idea che la procreazione sia merito esclusivo dell'uomo, che la donna sia solo un contenitore, senza alcun ruolo attivo. E su questa idea si baserà nell'Areopago, il primo Tribunale della Storia, l'assoluzione di Oreste dal matricidio: delitto sì, ma secondario rispetto alla vendetta dell'uccisione del padre e perciò giustificato se commesso per vendicare il padre.

Bisognerà aspettare Platone, peraltro massimamente misogino nel dialogo Repubblica, per riscattare in parte la donna, considerata nel Simposio come l'unica vera conoscitrice dell'Amore.


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