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Il silenzio di Briseide e delle altre

Le socie scrivono... Step 3 - Violenza sulle donne e Arte

Achille
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Oggi pubblichiamo il quinto  articolo, scritto da una socia del gruppo scrittura, relativo al progetto Orange the world 2022- Step 3 - Violenza sulle donne e Arte. 

L'autrice è la socia Alessandra Martuscelli.

Il silenzio di Briseide e delle altre. La Guerra di Troia e le donne come "bottino di guerra" oggetto di desiderio e di scambio in un'epopea tutta al maschile.


Elena di Troia

Dalla notte dei tempi le donne sono considerate silenziose e inconsapevoli portatrici di sciagure. Sono loro la causa più frequente della più grande di tutte le sciagure: la guerra. La guerra fra le guerre, quella che racchiude in maniera paradigmatica e definitiva tutto quanto nel futuro sarà detto e scritto in tema di guerra, la Guerra di Troia, scoppiò, infatti, a causa di una donna. Elena di Troia, porta da millenni sulle spalle questo "fardello". Senza che poi, durante il conflitto, abbia un ruolo significativo. Non ne conosciamo, a guerra esplosa, pensieri e azioni. A ben vedere però Elena non è stata l'unica donna ad alimentare il conflitto e a creare le dinamiche della grande epopea omerica. Nel'ultimo anno di guerra, quello di cui canta Omero, c'è un'altra donna che è, suo malgrado, il motore dell'azione: la bella Briseide. Si proprio la schiava di Achille, paragonata da Omero ad Afrodite, sarà il motivo che scatenerà l'ira del più valoroso fra gli eroi achei. A causa sua si verificheranno vari colpi di scena e saranno ribaltate più volte le sorti del conflitto.

L'ira di Achille

Briseide è il patronimico di Ippodamia, figlia di Briseo, sacerdote di Apollo a Limesso, città dell'Asia Minore alleata di Troia, che cadde per mano di Achille e dei Mirmidoni. Achille e i suoi misero a ferro e fuoco la città ottenendo un ricco bottino. Achille, dopo aver ucciso tutta la famiglia di Briseide, si tenne la giovane donna per sé, facendone la preferita fra le sue schiave – concubine. Quando Agamennone dovette rinunciare a Criseide, per restituirla al padre, pretese in cambio una schiava equipollente per lignaggio e bellezza e scelse Briseide. Ecco l' "ira di Achille" che apostrofò Agamennone come il più abietto degli uomini e che, per protesta, smise di combattere, facendo cambiare le sorti del conflitto a favore dei Troiani. Briseide davanti a tutto questo niente può dire, niente può fare, anche se sappiamo che non vorrebbe lasciare Achille (nelle rappresentazioni di lei che viene condotta da Agamennone, Briseide guarda sempre verso Achille, come invitandolo a trattenerla). Agamennone sarà poi costretto a restituire Briseide al " legittimo proprietario" accompagnata da scuse, altri regali e della sua solenne parola di non aver mai nemmeno sfiorato la bella schiava.

Schiave di guerraLa tradizione omerica e quella successiva tramandano una Briseide che si innamora dell'eroe. Il grande eroe, veloce e spietato, fa trapelare anche amore; amore per Briseide, amore per Patroclo, pietà e rispetto per Ettore e Priamo quando restituisce il corpo del rivale troiano al padre. La visione eroica e indubbiamente maschilista fa dimenticare un dato fondamentale: le donne come Briseide erano trattate alla stregua di oggetti (la disputa tra Achille e Agamennone lo dimostra). Senza dignità, senza volontà. Erano semplicemente un bottino di guerra. Tolte ai loro affetti, ai loro luoghi di nascita, non avevano nessuna voce in capitolo sul proprio futuro. Dovevano accudire colui che le aveva catturate e che, molto spesso, aveva anche ucciso la loro famiglia e depredato i loro averi. Scontato era anche che giacessero con i loro carnefici e, se non particolarmente belle e preferita dal comandante in capo, erano tenute a intrattenere anche i suoi commilitoni. Queste prigioniera subivano quelli che in chiave moderna chiameremmo stupri o stupri di gruppo.

L'epopea di Briseide

A queste donne, come Briseide, non si addice la ribalta. Gli uomini sono in scena, pieni di rabbia e di parole. Le schiave no. Alle donne si addice il silenzio. Nell'età antica era un assioma e ci si aspettava che le mogli o le figlie se ne stessero al proprio posto, a tessere e servire: tanto più le concubine. Parte proprio da questa consapevolezza il libro dedicato a Briseide e alle altre schiave dei Greci da Pat Barker: "Il silenzio delle ragazze" Qui a raccontare è colei che è considerata un semplice "bottino di guerra", la bella Briseide: la schiava riesce a narrare le ingiustizie, gli oltraggi, le violenze, l'invisibilità di quelle donne che come lei erano condannate ad essere schiave. Barker riscrive così l'epopea di Troia con gli occhi di una donna, una sorta di risarcimento per le donne che, durante la guerra di Troia (e le altre guerre a venire) hanno perso mariti, dignità, figli, diritti. Grazie a questo libro capiamo che nello scontro tra Achei e Troiani, sono esistite anche le donne e sono state carne da macello. Non hanno combattuto nei campi di battaglia, ma sono state protagoniste di un altro sacrificio. Un sacrificio diverso da quello maschile, ma non meno pesante e che non è mai stato eternato dalla sacralità dell'epica.

L'esempio di Ettore

Achille, Ettore, Odisseo, Enea sono gli eroi della nostra cultura. Quindi la cultura occidentale ha come eroe uno spietato guerriero stupratore, che sarebbe Achille? Non proprio. Ricordiamo che l'eroe positivo, quello che combatte per la patria, che ama la moglie, alter ego di Achille, è Ettore. E' lui l'esempio, è lui da imitare. Ma Briseide (e non solo) si innamora di Achille. Sprezzante, impavido e crudele mantiene ancora oggi il suo appeal e ci saranno sempre delle schiave che non potranno non innamorarsi di lui. Sperando di fare breccia nel suo cuore. Soffrendo. Senza diritti, senza pretese. In silenzio.


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