Soroptimist
search

Le socie scrivono...

"Lo sfregio" c'è, ma non si vede

Le
chevron_left
chevron_right

La socia e giornalista Alessandra Martuscelli racconta, attraverso la mostra fotografica degli Uffizi  "Lo sfregio" , la storia della violenza e del riscatto di una giovane donna vissuta 400 anni fa: Costanza Piccolomini.

Le foto della Sagaria contro la violenza di genere

Il busto di marmo che ritrae Costanza Piccolomini di Gian Lorenzo Bernini, apre la mostra fotografica di Ilaria Sagaria "Lo Sfregio" visitabile fino al 19 dicembre alla Galleria degli Uffizi (secondo piano). L'esposizione rientra nelle molte iniziative che nel mese di novembre, a cavallo con la data del 25 (giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne), sono state poste in essere in tutta Italia dalle più prestigiose associazioni e fondazioni culturali. Gli scatti della Sagaria raccontano, infatti, di donne che hanno subito aggressioni anche brutali, senza mostrare questa violenza nell'immediatezza e, proprio l'impossibilità di riconoscerla subito, coinvolge ed emoziona il visitatore che solo in seguito realizza cosa sta osservando o addirittura ammirando. "Ho scelto - ha spiegato la Sagaria- di non fotografare direttamente le vittime perché volevo raccontare in modo più delicato la loro sofferenza, non volevo che si vedessero le loro cicatrici ma che si percepisse la loro anima".

La bellezza femminile nella perfezione del Bernini

Molto interessante è la scelta della statua del Bernini come simbolo e "introduzione" alla mostra. Cosa ci fa in questo contesto l'opera di uno dei più grandi scultori della storia dell'arte mondiale, che ha fatto della bellezza, si potrebbe dire della perfezione estetica, il suo tratto distintivo? Perché proprio lui, il grande artista napoletano ammirato già dai suoi contemporanei di cui il pontefice mecenate Urbano VIII° disse "Homo raro, ingegno sublime, nato per disposizione Divina, e per gloria di Roma, a portar luce a questo secolo"? Si potrebbe pensare ad un contrappasso: la purezza estetica berniniana a contrasto con la bellezza violata delle donne vittime di aggressione. La risposta anche in questo caso non è immediata e non è così scontata.. 

Uno scandalo e un "amore criminale" del Seicento

Il Bernini e la Piccolomini erano amanti e furono protagonisti di uno scandalo e di un episodio di cronaca molto discussi: il celebre scultore mandò un suo servitore a sfregiare il volto della donna colpevole di averlo tradito. Questo è "Lo Sfregio" a cui fa riferimento il titolo della mostra. Uno sfregio non visibile, perché il ritratto scultoreo di Costanza ce la restituisce giovane e bella, con grande delicatezza di lineamenti e con una superficie della pelle uniforme e luminosa. Lo sguardo un po' languido, la camicia aperta, la pettinatura scomposta, la bocca socchiusa ne evidenziano la sensualità. Lo sfregio quindi è solo raccontato e va immaginato con orrore su questo volto perfetto. La storia di un dramma senza tempo, attuale oggi come 400 anni fa.

Il maschilismo dominante: la peccatrice rinchiusa in convento

Gli aspetti interessanti di questa vicenda sono molteplici. Innanzitutto c'è la conferma che la donna è stata, da sempre -purtroppo- vittima di aggressioni e che gli aggressori non sono mai stati puniti in maniera esemplare (fino a che punto oggi le cose stanno cambiando?): il Bernini venne condannato a pagare una multa, tradotto in termini contemporanei diremmo che fu condannato ad un "risarcimento", sembra mai pagato. Il Monastero di Casa Pia, dove venivano rinchiuse, per redimersi, le donne colpevoli di "cattivo comportamento", accolse Costanza Piccolomini. Si capisce come cattiva reputazione e comportamento esecrabile erano (sono?) imputabili solo alla donna. Ma in questa vicenda ci sono altri elementi da sottolineare, collegati a due figure femminili che meritano attenzione: la madre del Bernini e la stessa Costanza protagonista di un grande riscatto al femminile.

La forza di Angelica, l'esemplare rinascita di Costanza

Quando Gian Lorenzo Bernini scopre che l'amata, sposata con Matteo Bonarelli, scultore lucchese trapiantato a Roma, suo collaboratore, lo tradisce con suo fratello Luigi, oltre a sfregiare la prima, aggredisce quest'ultimo che riesce a sottrarsi alle sue ire e a rimediare "solo" qualche costola rotta. La madre dei due, Angelica Galante, temendo il peggio, denunciò Lorenzo e chiese al Papa Urbano VIII* che venisse esiliato. Il Pontefice non ne volle sapere di allontanare da Roma il suo protetto e toccò a Luigi riparare a Bologna dove rimase per qualche anno. Costanza, dal canto suo, scrisse tante volte alle autorità preposte chiedendo di poter lasciare il monastero. Lo stesso marito si diede da fare per "liberare" la consorte. Sicuramente, perché questo avvenisse, utilizzò le sue conoscenze: era in ottimi rapporti con Diego Velasquez e, tramite lui, con il re di Spagna Filippo IV che gli aveva commissionato alcuni lavori (opere che adesso si trovano al Museo del Prado). Comunque, dopo lo scandalo, Bonarelli riaccolse in casa la moglie, visse sempre con lei e le lasciò tutti i suoi beni. Costanza intraprese con il marito il commercio di opere d'arte e, dopo la morte di lui, non solo continuò da sola l'attività con profitto, ma la ampliò e differenziò, acquistando anche stoffe, abiti, gioielli e mobili. Costanza Piccolomini Bonarelli è stata quindi una delle poche imprenditrici del XVII° secolo. Proprio lei, vittima di una società maschilista e per certi versi misogena, divenne una donna d'affari di successo, intuitiva e intraprendente: seppe rendersi conto di come il mercato dell'arte fosse fluttuante e di come un buon investitore debba diversificare gli investimenti, diminuendo i rischi. 

La "riabilitazione" dell'artista - aggressore

In tutto questo, che fine ha fatto il Bernini? Sembra che abbia messo … la testa a posto. Il Papa gli dette in moglie colei che era definita la più bella ragazza di Roma, Caterina Tezio. Lei giovane e attraente, lui ricco e potente, ne derivò, secondo i testimoni dell'epoca, un matrimonio riuscito, da cui nacquero molti figli. Vissero insieme e condussero una vita agiata. Insomma lo scultore napoletano mantenne fede (sembra) alla promessa fatta alla madre e, soprattutto al Papa, di non sedurre più le sue modelle e le donne dell'alta società romana. Comunque la moglie fu sempre gelosa di Bernini e pretese che il busto di Costanza fosse tolto dalla casa coniugale. Così l'opera del grande artista passando, di mano in mano, arrivò in Toscana ed entrò a far parte della collezione medicea. Lontana, come una macchia dimenticata, come un'ombra in una stanza piena di luce, dai capolavori esposti nel Museo di Villa Borghese ("Apollo e Dafne", "Il ratto di Proserpina") fra le più grandi ed emozionanti rappresentazioni dell'armonia e della bellezza umana e femminile. 


X