Oggi pubblichiamo il quinto articolo, redatto da una socia del gruppo scrittura, all'interno del progetto "Orange the world 2024" su immagini iconografiche riferite a episodi di violenza sulle donne - progetto Violenza senza Tempo.
REPRIMENDA (1932) di Silvio Bicchi (Livorno 1874 – Firenze 1948) pastello su cartoncino, cm 36x 50 della socia consigliera Giovanna Bacci di Capaci
Silvio Bicchi, allievo di Giovanni Fattori, è stato un pittore postmacchiaiolo aperto al Novecento, abile e apprezzato ritrattista della borghesia. Attratto dalla vita contemporanea, ha dipinto scene di guerra, di vita popolare, baruffe tra comari, locali notturni malfamati, balli sensuali e provocanti, personaggi equivoci.
Questo dipinto s'intitola Reprimenda (dal latino: reprimenda culpa) che in italiano si può tradurre severo rimprovero. La scena notturna, ambientata nel porto di Livorno, ci suggerisce tuttavia che quanto sta accadendo, ed è sapientemente descritto dal pittore, è molto più grave e inquietante di una severa lavata di capo.
Perché l'uomo dalla faccia torva e con il dito puntato se la prende con la giovane donna che è finita per terra, lo sguardo basso, gli abiti scomposti, la borsetta abbandonata? Com'è finita per terra? E' cascata o piuttosto è stata malamente strattonata da quel bellimbusto che ha tutta l'aria di ritenersi il suo padrone?
Che significato potremmo dare all'aggressione che si consuma tra le banchine del porto?
Potremmo supporre che si tratti di un infuocato diverbio familiare. Lei è una moglie (ha un anello che s'intravede al dito) che ha detto qualcosa che ha fatto infuriare il marito o nella peggiore delle ipotesi è stata colta in flagrante adulterio (ma l'amante non c'è) dall'uomo che, prepotente e violento, l'ha malmenata di brutto, tanto da farla cascare per terra.
Comunque è notte fonda e siamo sul porto, le banchine frequentate perlopiù da marinai - si sa - sono luoghi d'incontri occasionali. E' del tutto verosimile che l'uomo sia quello che assurdamente viene definito “protettore” e che lei faccia il mestiere più vecchio del mondo. Stanca e sfinita, forse non sta bene, ha rifiutato l'ultimo cliente, provocando l'ira del bestiale sfruttatore.
Negli anni Trenta, quando è stato eseguito il dipinto, erano poche le donne (mogli, figlie, sorelle, lavoratrici dipendenti, amanti e prostitute) che, pioniere dell'emancipazione femminile, sapevano e potevano difendersi dalla violenza maschile (da quella fisica in primis, ma pure da quella economica e psicologica, sottilmente celate da più miti apparenze).
Di strada la donna da allora ne ha fatta tanta per difendersi dai soprusi e dalla brutalità dei partners (mariti, compagni, fidanzati, colleghi, datori di lavoro, amanti, ruffiani ecc.), ma non è ancora finita. Le percosse sono tuttora molto attuali, pure nei paesi ritenuti civili come il nostro in cui la donna è seriamente sollecitata a dichiarare le violenze subite ed è in atto un processo di sensibilizzazione globale, a cominciare dalle scuole. Le stanze tutte per sé, realizzate dalle soroptimiste nei commissariati e nelle questure per raccogliere le testimonianze delle vittime, sono nate solamente di recente (negli anni Dieci del Duemila), sappiamo anche che sono parecchio adoperate, pertanto il fenomeno della violenza maschile è purtroppo ancora endemico.