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DIRITTI, DOVERI, SOLIDARIETÀ NELLA COSTITUZIONE

Una riflessione alla luce del principio di solidarietà

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  • Club: Verona
  • Ultima modifica: Dicembre 2023

La celebrazione del Soroptimist Day, che ricorda la data nella quale l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ci riporta l'attenzione sul tema dei diritti. 

Il primo articolo della Dichiarazione recita infatti: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza...senza distinzione alcuna, di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita, o di altra condizione.

La mia riflessione di oggi verrà estesa al tema dei diritti associati ai doveri, i quali, secondo lo spirito della nostra Costituzione italiana, sono tra loro collegati in base al principio di solidiarietà.

Partiamo dunque dall'esame della nostra Costituzione repubblicana, votata dall'Assemblea costituente, alla cui elezione parteciparono sia come elettrici (per la seconda volta nella storia) che come candidate anche le donne, ed entrata in vigore il 1 gennaio 1948, secondo tratti comuni a tutte le Costituzioni del secondo dopoguerra, in radicale distacco dai modelli costituzionali dell'ottocento.

Le Costituzioni ottocentesche sono il frutto della emancipazione della classe borghese dal potere assoluto regio, ma restano Carte concesse "graziosamente" dal sovrano perché vengano definiti i limiti al potere assoluto del sovrano in favore dei parlamenti nazionali, tutti tesi a recuperare la propria identità nazionale e, con essa, i diritti di libertà negati nello Stato assoluto.

Le Costituzioni del novecento sono, invece, frutto della sconfitta dei totalitarismi del secolo e della seconda guerra mondiale, le cui norme sono dirette a evitare il rischio di nuove dittature, attraverso il richiamo ai valori e ai princìpi del liberalismo classico arricchito dalle idee democratiche di uguaglianza e partecipazione.

Le costituzioni contemporanee servono a porre un limite anche alla sovranità dei parlamenti e quindi della politica: il legislatore, infatti, non è più libero nei fini, perché al di sopra della legge c'è la Costituzione

Per capire quali sono stati i valori fondanti la Carta Costituzionale è importante ricordare quali furono le forze politiche che presero parte al disegno costituzionale: all'Assemblea costituente parteciparono le tre grandi forze politiche che si erano opposte alla dittatura fascista, dando vita alla Resistenza: quella liberale, e democratica, quella cattolica, quella socialista. 

Nasce così una Costituzione che, come ricordato da Filippo Patroni Griffi, già Presidente del Consiglio di Stato: 

- "recupera" dal liberalismo politico, il valore dell'individuo e le libertà classiche dell'ideologia liberale (una Costituzione per la persona e non dello Stato), che nasce dalla contrapposizione tra Stato "limitato" e Stato assoluto: lo Stato deve limitarsi a garantire le condizioni per il libero esplicarsi della personalità degli individui;

- ribadisce ed enfatizza i diritti degli individui, secondo una ideologia comune a liberali e democratici, ma

- trae dalla concezione democratica l'idea di uguaglianza nei rapporti politici, dell'appartenenza della sovranità al popolo, del suffragio universale; 

- dall'esperienza socialista trae l'idea dell'uguaglianza sociale ed economica, la cui promozione è compito dello Stato; si elaborano i doveri degli individui nella società, i diritti degli individui verso la comunità e in quanto ad essa appartenenti (i cd. diritti sociali, in primis diritto al lavoro, all'istruzione, all'assistenza); 

- richiama i doveri di solidarietà, un collante tra diritti individuali e doveri sociali, propri dell'interclassismo cattolico e della dottrina sociale della Chiesa, che tende ad attribuire grande importanza alle formazioni sociali intermedie (famiglia, associazionismo, partiti e sindacati)

Tutti questi principi li troviamo sintetizzati nell'Art. 2 della Costituzione: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

La Costituzione, con il riferimento alle formazioni sociali all'interno delle quali si realizza la sua personalità, non si riferisce all'individuo astratto e isolato ma alla "persona sociale" o "politica", secondo l'etimologia greca del termine, una persona reale, che vive nella società dominata da disuguaglianze che l'art. 3 della Costituzione impone di correggere. 

L'art. 2, dunque, coniuga diritti inviolabili con doveri inderogabili.  

In primo luogo, la Repubblica "riconosce e garantisce" i diritti: garantire significa far sì che i diritti abbiano tutela e che si possa reagire, per il tramite dei giudici, alla violazione di un diritto.

Più complesso è dare un significato al termine "riconosce", in quanto ciò fa suppore che vi siano diritti che preesistono alla Costituzione e alle leggi, secondo la teoria filosofica dei diritti innati di Hobbes e del giusnaturalismo. 

In linea di principio perché un diritto possa essere riconosciuto e tutelato occorre una legge che lo preveda come tale: non basta che io dica di avere diritto a qualcosa per avere ragione davanti a un giudice, in quanto solo il legislatore decide se uno ha o non ha un diritto, quale pretesa riconoscere come diritto e quale no.

Più complicato è capire se, in mancanza di una scelta esplicita del legislatore, la Costituzione possa fondare direttamente un diritto: la Costituzione presta una particolare attenzione ai diritti fondamentali, definiti "inviolabili" o "innati".. in quanto generalmente riconosciuti per un considerevole lasso di tempo.

La storia dei diritti fondamentali nella nostra (occidentale) tradizione democratica vede come punto di partenza la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo alla base della Costituzione americana e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e dell'individuo nella Rivoluzione francese, entrambe dichiarazioni, come dicevo all'inizio, che rivendicavano le libertà dell'individuo (di pensiero, di associazione, religiosa) nei confronti del potere. 

Il passaggio dalle libertà, che sono passive, nel senso che basta che mi si lasci in pace, ai diritti è invece questione che richiede l'intervento di un'autorità che si dia da fare per garantirmeli.

Il passaggio successivo è quello "dai diritti individuali ai diritti sociali", in attuazione del principio di solidarietà sociale: infatti nella nostra Costituzione la libertà individuale è organizzata nella libertà sociale, ed anche i diritti fondamentali sono riferiti in considerazione della socialità in cui si inserisce lo sviluppo della personalità. I diritti sono quindi configurati come diritti dell'individuo situato nella società, come risultato della combinazione tra la concezione liberale dei diritti individuali e quella democratica di uguaglianza, che pone al centro l'idea dei diritti sociali per riequilibrare le disuguaglianze sociali e intervenire a sostegno delle categorie più svantaggiate.

Dalla iniziale contrapposizione tra Stato di diritto e Stato sociale, si giunge, nel secondo dopoguerra, allo Stato sociale di diritto che si pone come sintesi della salvaguardia delle libertà individuali e della promozione dell'uguaglianza delle opportunità.

Dunque, nel pensiero giuridico contemporaneo i diritti fondamentali ricomprendono diritti di libertà classici, diritti della persona e diritti sociali, secondo un catalogo storicamente e anche geograficamente variabile.

Ritengo opportuno ricordare quali siano questi diritti, perché non farlo equivale a darli per scontati, e così non è, se poniamo mente alle aree geografiche del pianeta dove sono attualmente in corso crisi umanitarie, cioè situazioni nelle quali tutti i più elementari diritti, dal cibo, all'istruzione, alla pace, al lavoro sono negati, e soprattutto alle persone più fragili e indifese, i bambini. La mancanza di questi diritti fondamentali pone queste popolazioni, e soprattutto i bambini, in condizioni di diseguaglianza non colmabile, in quanto la mancanza di pari opportunità nei diritti di partenza non consentirà loro di crescere avendo la possibilità di emanciparsi dalla situazione di svantaggio in cui sono nati.

Nelle immagini allegate, tratte dal rapporto UNICEF 2023, sono rappresentate le aree di crisi umanitarie attualmente presenti nel mondo.

Nella nostra Costituzione i diritti sono suddivisi in quattro ambiti. 

Il primo riguarda i rapporti civili ovvero, come abbiamo detto, i diritti di libertà classici, che annoverano: il diritto alla libertà personale (art. 13), al rispetto della propria vita privata, del proprio domicilio e della propria corrispondenza (senza alcuna interferenza che non sia prevista dalla legge artt. 14 e 15); il diritto alla libertà di circolare nel territorio nazionale, di uscirvi e rientrarvi (art. 16); il diritto di riunione pacifica e alla libertà di associazione (artt. 17, 18); il diritto alla libertà di pensiero con parole scritti e ogni altro mezzo di diffusione, alla libertà di coscienza e religione, (artt. 19, 20 e 21); il diritto di agire in giudizio a tutela dei propri diritti in materia civile, penale e amministrativa davanti a un giudice indipendente e precostituito per legge e in tempi ragionevoli (articoli 24, 27, 28, 101, 111); il diritto al rispetto della legalità in ambito penale, ovvero il divieto di condannare qualcuno per un fatto che non sia previamente visto come reato (art. 25); il diritto di non essere consegnati alle autorità di altri Stati se non a certe condizioni (art. 26) .

Troviamo poi, sotto il titolo rapporti etico-sociali, i diritti della persona: il diritto di contrarre matrimonio e formare una famiglia, all'interno della quale i coniugi godono di uguali diritti e responsabilità tra loro e verso i loro figli (art. 29, 30, 31); il diritto alla salute (art. 32) il diritto all'istruzione gratuita e obbligatoria per tutti per almeno otto anni, e per i capaci e meritevoli di raggiungere i gradi più alti anche se privi di mezzi (artt. 33 e 34). 

Abbiamo poi i diritti sociali (tit. III): i diritti del lavoratore (35-37); i diritti sindacali (39, 40, 46), previdenziali (38), alla libera iniziativa economica (41), il diritto di proprietà (42, 47, 44). Concezione per più versi superata dei diritti sociali.

Infine i diritti politici: elettorato attivo e passivo (48, 51), accesso agli uffici pubblici (51), di dar vita a partiti politici (49), di rivolgere petizioni alle Camere.

Nel caso dei diritti individuali, il fondamento degli stessi è la mia libertà, che trova un limite nella libertà dell'altro, secondo una regola elementare di convivenza.

Nel caso dei diritti sociali (istruzione, salute) il fondamento è la solidarietà politica economica e sociale, dovere inderogabile sancito dall'art. 2 della Costituzione che pone, i doveri in stretta correlazione con i diritti.

I doveri esprimono, forse più dei diritti, il legame politico fra i cittadini e favoriscono il senso di appartenenza al corpo sociale: per questo si dice che i doveri sono a fondamento di qualsiasi "etica pubblica", cioè del comportamento che gli individui devono tenere per essere parte di una comunità.

Il testo costituzionale qualifica espressamente ed esclusivamente in termini di dovere: la difesa della patria (art. 52), il concorso alle spese pubbliche e la capacità contributiva (art. 53), quelli della fedeltà alla Repubblica e, per gli affidatari di pubbliche funzioni, il dovere di adempierle con disciplina e onore (art. 54, co. 1 e 2).

La Costituzione inoltre configura alcune situazioni sia come diritti che come doveri. È il caso del lavoro, oggetto di un diritto al co. 1 dell'art. 4 e, al co. 2, dello stesso articolo del dovere di concorso, materiale o spirituale, al progresso sociale; del mantenimento, istruzione ed educazione dei figli per i genitori (art. 30); della salute (art. 32); dell'istruzione (art. 34); dell'elettorato attivo (art. 48, co. 2).

Il senso di appartenenza alla comunità emerge in primo luogo nell'art. 53 ma, soprattutto, nel dovere di solidarietà, che è poi alla base dello stesso dovere di contribuire alle spese pubbliche, come ricorda l'art.2: La Repubblica (...) richiede – a tutte le persone – l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2).

La solidarietà diventa così il collante della società, ancor di più nel tempo in cui viviamo in cui la crisi economica ha fatto crescere le diseguaglianze e ha diffuso le povertà, rendendo i diritti sociali sempre più costosi e quindi precari.

La solidarietà rimette al centro i diritti sociali, in quanto conseguenza diretta dei doveri di solidarietà, che scaturiscono dall'appartenenza alla comunità.

Si comprende allora come la rivendicazione di un diritto non può prescindere dall'inserimento nella comunità, senza il quale quello stesso diritto potrebbe non essere garantito: se ho il diritto a essere istruito, ce l'ho perché mi trovo in una società che si prende cura di me e mi assicura quel diritto. Questo non può essere gratis, da qui l'obbligo di pagare le imposte per concorrere alle spese pubbliche, perchè se ho un diritto grazie alla mia appartenenza a una comunità, ho anche doveri verso questa comunità. Come succede in famiglia, d'altronde.

Senza doveri c'è lo sfaldamento della società. Senza adempimento dei doveri è difficile esercitare i diritti. I doveri ci fanno sentire parte di una società.

La solidarietà è, in conclusione, un dovere che fa parte della nostra responsabilità verso la comunità di appartenenza.


Silvia Zenati

Comitato Finanze dell'Unione

Soroptimist International Club di Verona

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