Nel periodo 25 novembre/10 dicembre, dedicato al contrasto alla violenza di genere il Soroptimist club di Livorno ha aderito al Progetto International Italia con varie iniziative fra cui una serie d’interviste a referenti delle Istituzioni presso cui il Soroptimist ha curato la creazione di stanze di ascolto per le vittime e con persone che si occupano a vari livelli di contrasto alla violenza di genere. Oggi, pubblichiamo l’intervista alla Marescialla Monica Giorgi del Comando dell’Arma dei Carabinieri di Livorno, curata da Fiorella Chiappi, l’attuale nostra presidente, e da Elisa Amato, la Presidente che si è occupata di questo progetto.
Una Stanza tutta per sé presso il Comando dei Carabinieri di Livorno
Intervista alla Marescialla Monica Giorgi
Per rispondere all’esigenza di assicurare alle donne vittime di abusi la massima riservatezza e protezione nel difficile momento della denuncia, nel corso del 2016, il Soroptimist club di Livorno, sotto la Presidenza della prof.ssa Elisa Amato, ha aderito al Progetto Nazionale del Soroptimist “Una stanza tutta per sé”, secondo le Linee Guida previste dal Protocollo sottoscritto dall’Unione con il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Il club di Livorno si è così occupato di finanziare e curare, in collaborazione con il Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri della città, l’allestimento di un’aula di ascolto. Un ambiente arredato in modo tale da ricreare una dimensione domestica, accogliente e rassicurante e in cui poter incontrare e ascoltare le vittime in abiti borghesi.
A quattro anni dall’allestimento della stanza, parliamo dell’uso di questo spazio di “protezione” con la Marescialla Monica Giorgi, referente per la violenza di genere dell’Arma dei Carabinieri di Livorno.
In questi quattro anni quali sono stati i reati più frequenti?
Dalle narrazioni delle vittime di violenza di genere e/o violenza domestica sono emerse storie di maltrattamenti in famiglia (nei quali i figli sono immancabilmente vittime di violenza assistita), violenza privata, violenza sessuale, stalking, percosse, lesioni, minacce e ingiurie.
Cosa emerge dal racconto della violenza domestica?
Molto spesso lo stalking inizia al termine di una storia di violenza tra le mura domestiche, ovvero quando la donna matura la decisione di lasciare il compagno maltrattante e quest’ultimo non è disposto ad accettare il termine della loro storia. Ritengo importante sottolineare che la quasi totalità delle donne che subisce violenza denunciano uomini che già conoscono, ai quali sono o sono state affettivamente legate. Sono rarissime per esempio le denunce di violenze sessuali subìte da uno sconosciuto. Può sembrare paradossale, ma per molte donne il posto meno sicuro dove stare è dentro la propria abitazione, dove convivono con il loro partner violento, anziché fuori.
Cosa è importante comprendere in questo lavoro con le donne?
Non c’è un tipo di vittima più frequente perché ogni donna potrebbe trovarsi, a un certo punto della vita, ad essere vittima di violenza. Nell’aula di ascolto capitano infatti donne di tutti i tipi, ognuna con una storia diversa: italiane e straniere, sposate e nubili, disoccupate e non, senza distinzione di fasce di reddito, di tutte le età (dalle minorenni fino alle anziane). L’essenziale è ascoltarle e dimostrare loro che “ci siamo”, adottando nei loro confronti un atteggiamento non giudicante.
Di ognuno dei reati più frequenti qual è stata la media annuale nella Provincia di Livorno?
Nell’ultimo anno la procedura del cd. “Codice Rosso” è stata attivata ben 70 volte. Il numero delle denunce relative ai delitti di stalking, maltrattamenti in famiglia e violenza nell’ultimo triennio è progressivamente aumentato. Ritengo ragionevole supporre che le medie annuali dal 2017 al 2020 evidenzino una presa di coscienza da parte delle vittime.
Tra il 1° luglio 2019 ed il 30 giugno 2020 gli atti persecutori denunciati all’Arma in questa Provincia sono stati complessivamente 55, contro i 51 dell’anno precedente ed i 46 tra il 1° luglio 2017 ed il 30 giugno 2018. Nell’ultimo periodo preso in considerazione (1° luglio 2019 ed il 30 giugno 2020), ben 37 casi (il 67,2%) si sono conclusi con l’emissione da parte del G.I.P. di provvedimenti cautelari, anche custodiali, oltre ad un arresto in flagranza. Inoltre, i casi per i quali hanno proceduto i Carabinieri di questo Comando Provinciale rappresentano il 61,7% degli episodi denunciati a tutte le Forze dell’Ordine in questa Provincia.
In particolare sulla violenza domestica quali sono i dati?
I casi di maltrattamenti in famiglia nell’ultimo anno sono aumentati del 35,3%. Ne sono stati denunciati 88 e per il 51,1% dei casi vi è stata l’emissione di un provvedimento cautelare. In un caso è stato eseguito un fermo di p.g. e gli arresti in flagranza sono stati 3. Giova precisare che i maltrattamenti in famiglia spesso vengono denunciati, a titolo di concorso, dalle stesse vittime di “atti persecutori”.
Per quanto riguarda le violenze sessuali?
Le violenze sessuali denunciate nell’ultimo anno sono state 20. Di queste, 18 erano state quelle per le quali si era proceduto nel periodo anteriore, tra il 1° luglio 2017 ed il 30 giugno 2018.
È plausibile che l’incremento delle violenze sessuali denunciate (+11,1%) sia dovuto - come le precedenti ipotesi di reato in trattazione - ad una presa di coscienza da parte delle vittime. Ad esso è inoltre corrisposto un aumento dell’azione repressiva poiché, nel periodo 1° luglio 2019 – 30 giugno 2020, sono stati individuati gli autori dell’85% delle violenze sessuali denunciate.
C’è stato dunque un aumento di persone nel corso di questi anni. A vostro avviso per quale motivo?
Le campagne di sensibilizzazione contro la violenza di genere probabilmente hanno iniziato a sortire i loro effetti. L’immagine sociale della violenza contro le donne ha iniziato ad assumere connotati più nitidi ed ha permesso a molte donne di capire che ciò che stavano subendo dal proprio partner non era qualcosa di accettabile. Ricordiamoci che nel nostro Paese in molti - uomini e donne - ancora sostengono che in una coppia “ci può stare uno schiaffo ogni tanto” oppure che è normale che un uomo controlli abitualmente il cellulare della propria compagna. Pertanto, ritengo che è più corretto dire che sono aumentate le donne che denunciano, non gli episodi di violenza.
La stanza è utilizzata anche per il colloquio con i minori che assistono e/o subiscono violenza. Durante il colloquio con i minori chi partecipa assieme a voi?
Personale specializzato, nella fattispecie psicologi. Tuttavia, sono casi molto rari. Ci tengo a precisare che la stanza di ascolto in questi casi si è rivelata un supporto fondamentale, essendovi presenti materiali ludici che fanno sentire a loro agio i bambini. La stanza è un ambiente che permette loro di trascorrervi del tempo senza particolari difficoltà. Questo fattore può rivelarsi determinante nell’ascolto dei minori.
Cosa avete potuto osservare nell’ascolto dei bambini?
I bambini sono testimoni fragili, educati a non contraddire gli adulti, non sempre consapevoli delle conseguenze delle loro dichiarazioni. Ciò li rende propensi a confermare una domanda a contenuto implicito. Richiesti da un adulto, i bambini possono mostrarsi compiacenti, tendendo a conformarsi a ciò che presuppongono sia desiderato dall’interrogante. Possono mostrarsi persino suggestionabili, nel senso che si convincono intimamente che le cose sono andate in un certo modo, così come più o meno esplicitamente suggerito dall’interrogante.
A suo avviso qual è il valore aggiunto che ha dato al vostro lavoro con le vittime la possibilità di utilizzare una stanza di ascolto come questa?
È un luogo che senza dubbio fa provare alle vittime una sensazione di accoglienza. In quella stanza si sentono al sicuro e questo le aiuta ad esprimere le proprie emozioni. E questo per noi è fondamentale: un racconto minuzioso ci evita di ritornare più volte sullo stesso argomento e di dover di conseguenza far rivivere più volte alla vittima gli episodi di violenza. Spesso, nella “Stanza Rosa”, come siamo soliti chiamarla, sono inoltre emersi dettagli importanti per le nostre indagini: molte donne “normalizzano” la violenza, non si rendono conto che comportamenti per loro non gravi sono invece fattori importanti per delineare il quadro complessivo di quanto da loro subìto. E questo accade soprattutto quando si parla di violenza verbale, svalutazione, violenza sessuale. Per alcune è “normale” sentirsi dare ogni giorno della “poco di buono”, oppure ritenere accettabile che la vita matrimoniale implichi il dover accettare di avere rapporti sessuali con il proprio marito anche senza il proprio consenso. Se non sono a proprio agio, molte donne rischiano di raccontare solo la punta dell’iceberg della loro storia, omettendo il “sommerso”, determinante per l’esito delle indagini.
La stanza di ascolto ci permette di contrastare la violenza di genere con maggiore efficacia senza far venire meno un fattore importantissimo, ovvero la tutela della vittima. Con la giusta dose di empatia da parte nostra, l’aula di ascolto ci permette di scongiurare il verificarsi della vittimizzazione secondaria.