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25 Novembre:luci e voci

Terza intervista: la violenza assistita

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  • Livorno

Intervista alla dott.ssa Maria Serenella Pignotti curata dall’avvocata Alessandra Querci, nostra socia e referente degli Statuti

Oggi  vogliamo approfondire la conoscenza della violenza assistita con un’intervista alla dott.ssa Maria Serenella Pignotti, pediatra e medico legale di Firenze, da sempre impegnata, sia in campo medico che sociale, nella difesa dei diritti dei bambini e dei ragazzi, autrice di numerosi articoli, in lingua italiana e inglese e monografie sul tema della violenza domestica tra cui l’ultimo ‘I nostri bambini meritano di più’. Ed Libellula.  

Che cosa si intende per “violenza assistita”?
Secondo il CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia), per violenza assistita s’intende una situazione nella quale un bambino assiste, direttamente o indirettamente, o percepisce gli effetti di atti di violenza compiuti su figure di riferimento per lui/lei affettivamente significative, generalmente la madre. La violenza assistita rappresenta, insieme all’incuria, la forma di maltrattamento più frequente in Italia.
Ne sono vittime i bambini, la cui madre sia esposta a violenza fisica, sessuale, psicologica da parte del partner. Questi bambini possono vedere la madre picchiata, minacciata o uccisa, possono udire eventi violenti che stanno accadendo in un’altra parte della casa, possono vedere i postumi della violenza sulla madre (ematomi, tumefazioni, ferite), pur senza assistere o udire l’atto, possono vedere gli effetti della violenza sugli oggetti, mobili rotti, vetri infranti, sangue…
Esistono indicatori di violenza assistita sui bambini?
I bambini che assistono alla violenza domestica ne subiscono le conseguenze emozionali, la paura o l’intimidazione esattamente come se la violenza fosse diretta su di loro e subiscono le conseguenze di un clima familiare in cui si vive nella continua minaccia e nella paura. Ogni bambino, però, reagirà in modo peculiare in dipendenza di diversi fattori: il sesso, l’età, la durata di esposizione alla violenza, la presenza simultanea di altre forme di maltrattamento, le relazioni con gli adulti, etc. Alcuni bambini non mostreranno alcun elemento negativo di sviluppo nell’immediatezza a dispetto del vivere in presenza di quotidiana violenza.
Quali sono i rischi della violenza assistita per i bambini?
Oltre ai gravissimi effetti a lungo termine sullo sviluppo psico-fisico dei bambini, dall’assistere alla violenza, a diventarne oggetto diretto il passo è breve. I bambini piccolissimi e gli adolescenti sono quelli a maggior rischio. I primi perché non possono uscire autonomamente dal pericolo, ad esempio perché in braccio alla madre al momento dell’attacco violento. Gli adolescenti perché possono reagire mettendosi di mezzo a protezione della madre, correndo un rischio grave e diretto. È il caso del giovane Ion Talpis che, a 19 anni nel 2013 fu ucciso con una coltellata dal padre, nel tentativo di difendere la mamma nell’ennesimo attacco a suo danno. Tristissima vicenda per la quale l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per non aver tempestivamente difeso la donna. Infatti, tra i rischi della violenza assistita vi è al 1° posto la morte del figlio.
Quali sono gli effetti della violenza assistita sulla salute psico-fisica dei bambini?
Studi clinici su bambini che fin da piccoli hanno visto picchiare le loro madri hanno dimostrato effetti pervasivi negativi sul loro sviluppo a lungo termine. Gli effetti si estrinsecano in un amplissimo range di segni e sintomi e si correlano con una prognosi povera per l’intera salute, una volta adulti.
Questi bambini mostrano problemi comportamentali e fisici, quali frequenti somatizzazioni, depressione, ansia, comportamenti violenti con i coetanei. Mostrano maggiori difficoltà a scuola e nei processi di apprendimento. Presentano spesso difficoltà nel sonno, ipervigilanza, scarsa concentrazione e sono facilmente distraibili, tutti aspetti che influiscono sui risultati accademici.
Da adolescenti più frequentemente tentano il suicidio, vanno incontro ad abuso di droghe e alcool. Sono frequenti le fughe da casa, la prostituzione, i crimini sessuali. Gli adolescenti maschi hanno grande probabilità di diventare uomini abusanti e le femmine di subire violenza, una volta donne, in una sorta di condanna trans-generazionale.
I bambini sottoposti a questo stress in maniera cronica mostrano i sintomi del disordine post traumatico da stress. Ed è sufficiente la violenza assistita, senza essere direttamente vittimizzati, per precipitarne il quadro clinico da moderato a severo. L’intensità della violenza, determinata esponenzialmente da sintomi maggiori come, ad esempio, assistere alla minaccia di usare armi da fuoco o coltelli, si correla con maggiore intensità di effetti traumatici. In sostanza, i bambini che assistono alla violenza sulle madri mostrano i medesimi segni e sintomi dei bambini sottoposti direttamente ad abuso e maltrattamento.
Quali sono gli effetti della violenza sul sistema familiare?
Oltre a quanto ho già detto, dal punto di vista dei genitori la violenza danneggia direttamente la funzione genitoriale. La madre può essere meno attenta ai bisogni dei figli e meno disponibile emozionalmente verso i suoi bambini. Anche il ricorso alle cure mediche o agli appuntamenti per il controllo della crescita e la prevenzione diventano rari e saltuari, esponendo così il bambino ai danni delle mancate cure mediche. D’altra parte, il genitore maltrattante, generalmente molto meno coinvolto nella gestione dei figli e nel loro accrescimento, è più frequentemente autoritario e facile a usare la punizione fisica anziché il ragionamento, meno capace di riconoscere i bisogni del bambino. I bambini. In queste situazioni, spesso, oltre alla violenza del genitore abusante, sono sottoposti alla incapacità dell’intero sistema familiare inteso, invece, a difenderli.
In sostanza, i bambini che crescono assistendo e convivendo con la violenza imparano ben presto una lezione sull’uso di questa nelle relazioni umane. Imparano che la violenza è accettabile, che è un sistema per affermare il proprio punto di vista, per imporsi e scaricare lo stress.
Come reagiscono solitamente le Istituzioni di fronte ai casi di violenza assistita?
A mio parere, attualmente, le Istituzioni sono inadeguate. Vi sono ancora grandi difficoltà nel diagnosticare la presenza di violenza, nel riconoscerla e nel trattarla. I Tribunali spesso falliscono sia nello scopo di individuare la violenza che nel gestirla una volta individuata, per effetto di antichi pregiudizi, partendo da teorie non comprovate dalla Scienza, utilizzando strumenti e pratiche obsolete. Vengono emessi provvedimenti che hanno l’effetto di punire i bambini, per punire i genitori, viene minimizzato l’impatto pericoloso della violenza sui bambini ritenendo che ‘con la crescita…’, in sostanza per la ben nota ‘resilienza’, il bambino non abbia danni e possa superare tutto senza problemi.
Quali sono i maggiori rischi di operatori non adeguatamente formati in materia di violenza assistita?
Vi è ancora una grossa ritrosia a credere alle madri, mentre i bambini non vengono ascoltati o, se sentiti, non creduti, obbedendo alla nota ideologia della ‘alienazione genitoriale’, per la quale i bambini, incapaci di autonoma affettività e capacità critica, subirebbero inerti il lavaggio del cervello da parte di madri vendicative e malevole. Purtroppo, capita spesso che ci si affidi a Consulenze tecniche del tutto opinabili, che portano a diagnosi sbagliate, che utilizzano strumenti obsoleti e inadeguati, che propongono ‘terapie’ mai validate e prive di qualunque base scientifica, oltreché pericolose di per sé per l’evoluzione psico-fisica del bambino. In questo quadro si colloca anche la tendenza a separare i bambini dalla madre denunciante la violenza, nonostante che questa, quasi sempre, costituisca la figura primaria di attaccamento. Nessuna considerazione viene data ai rischi a cui vengono esposti i bambini privati della madre o posti, addirittura, a diretto contatto con il genitore denunciato di abusi, in custodia ed affido esclusivi: mi riferisco a rischi di depressione, bassa autostima e addirittura, a 4 volte tanto, rischio di suicidio rispetto alla popolazione generale.
Quali potrebbero essere le prospettive di cura e di terapia?
Esistono cure serie e terapie adeguate, che devono però seguire una diagnosi certa. Diagnosi e terapia devono essere fatte esclusivamente da operatori preparati su questo sconcertante e devastante capitolo della violenza domestica. Ma per arrivare a ciò, occorre partire da una nuova cultura dell’infanzia e dei suoi bisogni, da studi scientifici seri che indirizzino le scelte, da una concezione dei diritti del bambino che lo veda ‘soggetto da curare’ e non più, con l’antico paternalismo, ‘oggetto di cure’.
In sostanza, occorre un atteggiamento scientifico già a partire dalla preparazione degli operatori affinché sia la Scienza ufficiale, anche nei Tribunali, a supportare le decisioni di Giudici, non il pregiudizio o l’ideologia che adesso è presente in maniera pervasiva nella mentalità di molti degli operatori.

 

1° intervista: La stanza presso la Caserma dei Carabinieri

2°intervista:  La stanza presso la Questura di Livorno

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