Oggi pubblichiamo il sesto e ultimo articolo, scritto da una socia del gruppo scrittura, relativo al progetto Orange the world 2022- Step 3 - Violenza sulle donne e Arte.
L'autrice è la socia Fiorella Chiappi, Past President Soroptimist club Livorno e componente Comitato Consulte e P.O. Soroptimist International d'Italia.
Il rinnovato interesse per il mito di Lucrezia
L'interesse per Lucrezia, la giovane matrona romana suicidatosi dopo aver subito lo stupro da parte di Sesto Tarquinio, figlio dell ultimo re di Roma, si è riacceso, soprattutto grazie all'acquisto a cifre stratosferiche di un quadro di Artemisia Gentileschi (Roma, 1563 – Napoli, 1654) che raffigura la giovane donna romana. La grande tela, riemersa sul mercato nel 2019 e messa all'asta da Artcurial nel novembre dello stesso anno, dopo essere stato conservata in mani private per anni, è stata acquistata nel 1921 dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles. Oltre a quest'opera, Artemisia ha dedicato all'eroina romana altri due quadri che raffigurano sempre il momento antecedente al suicidio e un'altra che rappresenta lo stupro. In ognuna delle quattro tele Artemisia si differenzia, non solo dai pittori della sua epoca, ma anche da molti altri, perché dipinge la giovane donna romana con il suo sguardo di donna che ha subito, a sua volta, uno stupro.
La diversa fortuna di Lucrezia
Lo stupro e il suicidio di Lucrezia sono stati oggetto, nei secoli, d'interesse per molti pittori, e non solo scrittori e musicisti. Ognuno di loro l'ha raccontata in modo diverso, secondo le fonti cui si rifaceva e gli aspetti valoriali che voleva mettere in risalto. Per alcuni è stata l'eroina di cui esaltare le doti esemplari da imitare, per altri un mito da demolire o la donna vittima, non solo di uno di stupro ma anche di una visione culturale patriarcale. La sua storia non è una leggenda qualsiasi, ma piuttosto un "mito", perché, come spiega Mario Lentano (2021), è "un racconto nel quale un'intera cultura ha riconosciuto per secoli alcuni contenuti fondanti della propria identità." Questa dimensione mitica spiega perché la vicenda di Lucrezia abbia attraversato i secoli e ispirato, non solo scrittori, musicisti e pittori (Botticelli, Tiziano, Tintoretto, Veronese, Dürer, Cranach, ecc. ), ma sia stata scelta anche per raffigurare i cassoni delle spose benestanti. ?
L'origine del mito
La vicenda di Lucrezia risale al 509 a. c. , ma "entra nel tempo storico letterario con quattro secoli di ritardo". La menzione più antica è nel De Repubblica di Cicerone (3 gennaio 106, Arpino – 7 dicembre 43 a. c. , Fermo), che utilizza la sua storia per esaltare i valori della Repubblica Romana, ponendo al centro l'offesa subita da una famiglia e da un popolo per lo stupro di una sua matrona. Si rifece a queste prime narrazioni su Lucrezia lo storico Tito Livio (59 a. c., Padova – 17 d. c. Padova) che la inserì nel patrimonio dei grandi exempla cui ispirarsi. Nei suoi Annali o Ab Urbe condita, scritti fra il 30 a. c. e la sua morte, racconta in modo drammatico, quasi teatrale, tutti i dettagli della vicenda. La sua versione ha influenzato molti autori dell'età repubblicana fino al Tardoantico e dei secoli successivi. Fra le tante opere letterarie ricordiamo il poemetto The Rape of Lucrece di William Shakespeare (1594).
Il racconto di Tito Livio
Durante l'assedio di Ardea, città dei Rutuli, nel 509 a. c., sotto la tenda di Sesto, figlio di Tarquinio da oltre venti anni re dell'urbe, alcuni ufficiali presero a parlare delle proprie mogli, bevendo coppe di vino. Fra questi c'era anche Collatino, marito di Lucrezia e parente di Sesto Tarquinio. Nella discussione, sempre più accesa, ognuno prese a rivendicare i superiori meriti della propria sposa fino a che non decisero di montare a cavallo per verificare di persona. Vinse la palma della castità Lucrezia, perché, mentre tutte le altre spose erano immerse in banchetti fra amiche, lei filava la lana con le sue ancelle, al flebile bagliore delle lucerne. Sesto Tarquinio, preso dalla bellezza e dalla virtù di Lucrezia, dopo qualche giorno andò nel borgo di Collazia fuori Roma, a casa di Collatino e a sua insaputa. La matrona lo accolse, trattandolo con tutti i riguardi dovuti al figlio del re e facendolo accomodare nella camera degli ospiti.
Nel cuore della notte, Sesto entrò nella stanza di Lucrezia con la sua spada e con preghiere e minacce cercò di convincerla a subire il suo desiderio. Sola, senza il marito e con le schiave lontane, la giovane donna tentò di contrapporsi fino a che Sesto la minacciò di sgozzare uno schiavo, metterlo nudo sul letto accanto a lei e, dopo averla uccisa, dire a Collatino di averli colti in flagrante adulterio e aver fatto giustizia, come esigeva la sua posizione familiare. Per evitare di essere coperta d'infamia, Lucrezia cedette alla violenza, ma il giorno dopo fece chiamare da uno schiavo il padre e il marito per raccontare l'accaduto, rivendicare la propria innocenza e consegnare il colpevole alla loro vendetta. Nonostante Spurio Lucrezio e Collatino cercassero di confortarla e di scagionarla da ogni colpa, perché costretta con la violenza, Lucrezia si uccise con un pugnale, nascosto fra le pieghe delle vesti, dopo aver pronunciato le sue ultime parle: "Non voglio che alcuna donna, in futuro, viva da disonorata adducendo il precedente di Lucrezia". Il suo cadavere, grondante di sangue, fu esposto nel Foro di Collazia e dall'orrore dell'accaduto prese inzio la rivolta contro il re e la sua famiglia e la fine del regime monarchico.
Alcune narrazioni successive
Rifacendosi a Tito Livio, molte opere successive misero in risalto il valore politico della leggenda così come la grande pudicizia di Lucrezia, esempio fondante di valore femminile nella società patriarcale romana. Il poeta Ovidio (20 marzo 43 a. c. Sulmona – 178 o 18 d. c. Tomi), nel suo racconto su Lucrezia, riprese in parte la versione di Tito Livio, ma con alcune differenze. In particolare si soffermò sul desiderio di Sesto Tarquinio (Fast. 2, 770-782). L'aspetto sensuale, che fu messo in risalto in seguito anche dal grammatico e commentatore romano Servio Mario Onorato (363 d. c. – fine IV secolo d. c. ), prevalse in molte opere pittoriche successive.
La leggenda di Lucrezia e il suo exemplum altamente etico e positivo furono oggetto, però, anche degli strali di autori satirici fra cui Giovenale, che, nella decima satira (vv. 293 – 294), raccontò la bellezza e la grazia di Lucrezia non tanto come doni degli dei, ma, secondo il capovolgimento satirico, come motivi di disgrazia.
Contrario alla versione di Lucrezia come di un'eroina fu Agostino (354 d. c. Tagaste – 28 agosto 420, Annaba), che, secondo Mario Lentano (2021), vedendo nel suicidio il segno di una possibile colpevolezza d'infedeltà della donna, ha dato legittimità alla trasformazione della vittima in possibile imputata, come abbiamo visto nel corso della storia fino ai nostri giorni. Sempre secondo Lentano nella visione culturale di Agostino, la donna, sottomessa all'uomo, deve a lui completa fedeltà, anche a costo della vita, e deve preservare la purezza della stirpe, per il suo unico statuto di madre.
La versione di Artemisia
Con Artemisia Gentileschi abbiamo una raffigurazione di Lucrezia diversa da quella di tanti pittori, perché la sua attenzione è rivolta alla vittima di stupro, alla complessità delle sue emozioni e al suo personale modo di reagire alla violenza subita. In quest'olio su tela, grande 97 x 76 centimetri, realizzato intorno al 1627, anno in cui la stessa Artemisia fu vittima di stupro da parte del pittore Agostino Tassi, Lucrezia, al centro della scena, balza dal fondo cupo grazie a una luce che la illumina e che evoca tratti caravaggeschi. Il petto è scoperto e Lo sguardo è rivolto verso l'alto secondo i canoni della pittura religiosa del tempo, come a seguire, con pacata convinzione, qualcosa che l'attrae inevitabilmente. Delicata la mano che impugna lo stiletto così come l'altra, che sembra dare un freno a qualcosa. Un tessuto leggero, in parte trasparente, quasi accarezza parte delle braccia e delle spalle, lasciando scoperto il seno. Una nudità che evoca purezza. Anche con Lucrezia, come con Giuditta, Susanna o Salomè, Artemisia rappresenta un momento esaltante di donne coraggiose che si sono contrapposte in qualche modo a un sopruso.
Ogni eroina ha reagito in modo diverso, ma sempre affermando la sua ribellione, come fece la stessa Gentileschi che dununciò lo stupro di Agostino Tassi e, pur di vincere la causa, accettò l'interrogatorio sotto tortura, come previsto all'epoca. Un gesto, quello di Artemisia, che contiene qualcosa di fortemente autolesionista, ma anche un grido di ribellione profonda, che la grande artista in qualche modo volle vedere nella giovane donna romana.
Bibliografia
Cicerone M. T. e Nenci F. Curatore. (2008) La Repubblica. Testo latino a fronte. Milano: Rizzoli. Decimo Gliunio Giovenale e Ettore Barelli, traduttore (1976). Satire. Milano: Rizzoli.Lentano M. Lucrezia.(2021). Vita e morte di una matrona romana.Roma:Carocci. Tito Livio (2009). Ab Urbe Condita. Milano: Principato.