Presso la Biblioteca Pittoni, a Tolmezzo, secondo incontro del ciclo “Lettura in biblioteca e non”. L’incontro era come sempre aperto al pubblico. L’iniziativa, curata dalla Presidente Maria Beatrice Polli e dalla socia amica Bruna Silverio, ha continuato a caratterizzarsi per la condivisione di un testo a partire da una parola chiave, nella convinzione che la condivisione permetta a ciascun partecipante di esprimere riflessioni ed emozioni che quel testo e quell’autore hanno suscitato.
Il 20 marzo la parola chiave era Padri e figli, e il testo “Le tre del mattino” di Gianrico Carofiglio.
GIANRICO CAROFIGLIO
PADRI E FIGLI
“Se dovessi dire in pochissime parole di cosa parla questo romanzo mi farei aiutare dalla frase finale della quarta di copertina, in cui si dice che questo libro è “un racconto sulle illusioni e sul rimpianto, sul passare del tempo, dell’amore e del talento”.
Così Gianrico Carofiglio ci ha descritto Le tre del mattino, il suo nuovo, toccante racconto.
Temi : Trascorrere del tempo passaggio di consegne tra padre e figlio Romanzo di Formazione
L’AUTORe
Nato a Bari il 30 Maggio 1961
È figlio della scrittrice Enza Buono e fratello dell'architetto, scrittore e illustratore Francesco Carofiglio (Cacciatori nelle tenebre, una graphic novel).
Vive a Bari con la moglie e i due figli. Presidente della Fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari si dimette dalla carica il 4 agosto 2016.
Attività in magistratura
Magistrato dal 1986, ha lavorato come pretore a Prato, pubblico ministero a Foggia e in seguito ha svolto le funzioni di Sostituto procuratore alla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari.
Al momento di rientrare in servizio, dopo il mandato parlamentare, ha dato le dimissioni dalla magistratura, dichiarando di volersi dedicare alla scrittura a tempo pieno.
Attività politica
Durante la XV Legislatura è stato designato consulente della Commissione parlamentare Antimafia. Il 22 febbraio 2008 viene annunciata la sua candidatura al Senato per il Partito Democratico, e nelle elezioni del 13 e 14 aprile dello stesso anno viene eletto senatore.
Attività da scrittore
Ha esordito nella narrativa, dopo parecchie pubblicazioni tecniche e di settore, con
Testimone inconsapevole (Sellerio, 2002). Con tale romanzo, Carofiglio ha aperto il filone del thriller legale italiano.
Le vicende dell'avvocato Guido Guerrieri hanno portato l'autore a diversi riconoscimenti per il primo romanzo, tra cui la decima edizione del prestigioso Premio del Giovedì "Marisa Rusconi", il premio Rhegium Iulii e il premio Città di Cuneo (tutti riservati alle opere prime) e, infine, il Premio Città di Chiavari.
Nel 2003 esce la seconda opera che ha come protagonista l'avvocato, Ad occhi chiusi (Sellerio, 2003), decretando il successo definitivo dell'autore agli occhi di pubblico e critica. Ad occhi chiusi vince il premio Lido di Camaiore e il prestigioso premio delle Biblioteche di Roma.
Nel 2007 viene eletto in Germania, da una giuria di librai e giornalisti, "il miglior noir internazionale dell'anno".
Vincitore del Premio Bancarella del 2005 con il romanzo Il passato è una terra straniera (Rizzoli, 2004), nel settembre 2006 ha pubblicato un altro romanzo che vede il ritorno, quale protagonista, dell'avvocato Guerrieri, Ragionevoli dubbi (Sellerio): con quest'opera ha vinto il premio Fregene e il premio Viadana nel 2007 e la seconda edizione del Premio Tropea nel 2008.
Il 12 settembre 2007 è stato pubblicato da Rizzoli Cacciatori nelle tenebre, una graphic novel con protagonista l'ispettore Carmelo Tancredi, illustrata dai disegni del fratello dell'autore, Francesco. Tale opera ha ricevuto, a Belpasso, il premio Martoglio. È stato il primo graphic novel entrato nelle classifiche dei libri più venduti nella categoria: "narrativa italiana".
Da Il passato è una terra straniera è stato tratto l'omonimo film prodotto da Fandango per la regia di Daniele Vicari con protagonista Elio Germano.
Nel novembre 2007 è uscito il saggio: L'arte del dubbio (Sellerio), riflessione sull'arte del domandare e i suoi rapporti con il concetto di verità.
Il 24 settembre 2008 Carofiglio ha ricevuto il Bremen Prize, prestigioso riconoscimento conferito dalla radiotelevisione della città stato di Brema. Il 1º novembre Carofiglio ha ricevuto il premio Grinzane Cavour Noir.
Il 6 novembre 2008 è uscito in libreria il romanzo dal titolo Né qui né altrove. Una notte a Bari.
Il 23 aprile 2009 è uscito, per le edizioni Nottetempo, Il paradosso del poliziotto.
Il 14 gennaio 2010 pubblica la quarta avventura dell'avvocato Guerrieri, Le perfezioni provvisorie, edito dalla Casa Editrice Sellerio di Palermo. "Le perfezioni provvisorie" rimane ben otto settimane al primo posto assoluto nella classifica dei libri più venduti in Italia.
Nel maggio 2010 pubblica la raccolta di racconti dal titolo Non esiste saggezza con la quale vince il premio letterario Piero Chiara.
Nell'ottobre 2010 pubblica il saggio La manomissione delle parole.
Nell'ottobre 2011 esce il nuovo romanzo Il silenzio dell'onda - Rizzoli, finalista al Premio Strega.
Nel novembre 2012 Carofiglio riceve il premio dei librai della Città di Padova.
Il voto della Società Dante Alighieri per l'edizione 2012 del Premio Strega è andato a Gianrico Carofiglio, autore del libro Il silenzio dell'onda (Rizzoli).
Nel febbraio 2013 insieme a Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo pubblica la raccolta di racconti Cocaina, edita da Einaudi, nella quale è presente con il racconto La velocità dell'angelo.
Il 21 ottobre 2013 la Rizzoli pubblica Il bordo vertiginoso delle cose, il nuovo romanzo dell'autore pugliese.
Il 19 marzo 2014 viene pubblicato il romanzo scritto in collaborazione con suo
fratello Francesco Carofiglio, La casa nel bosco.
Il 24 giugno 2014 con Einaudi pubblica il romanzo Una mutevole verità.
Nell'ottobre 2014 esce La regola dell'equilibrio, nuova avventura dell'avvocato Guerrieri.
Nel settembre 2015 esce Con parole precise. Breviario di scrittura civile, saggio sulle scritture del potere e sul rapporto fra democrazia e chiarezza del linguaggio.
Il 25 ottobre 2016 esce L'estate fredda con un nuovo caso per maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio, piemontese in servizio nel Sud delle mafie, già conosciuto come protagonista di Una mutevole verità.
Ad Ottobre 2017, esce Le tre del mattino Einaudi storia del serrato confronto fra un padre ed un figlio, dal quale ambedue riemergeranno profondamente diversi.
In totale, i suoi libri hanno venduto cinque milioni di copie e sono stati tradotti in ventotto lingue.
SCENEGGIATURE
Ha curato diverse sceneggiature ( canale 5 e RAI )per la regia di Sironi ed in collaborazione con Starnone e Piccolo
PREMI
Ø Premio del giovedì Marisa Rusconi 2003
Ø Premio Città di Chiavari 2003
Ø Premio Città di Cuneo 2003
Ø Premio Rhegium Iulii 2003
Ø Premio Camaiore di letteratura gialla 2004
Ø Premio Bancarella 2005
Ø Premio delle Biblioteche di Roma 2004
Ø Grinzane Piemonte Noir sezione giallo italiano 2008
Ø Premio Tropea 2008
Ø Radio Bremen Krimi Preis 2008
Ø Premio Selezione Campiello 2010
Ø Premio letterario Piero Chiara 2010
Ø Premio di Cultura Città di Frontino 2011
Ø Premio dei Librai della Città di Padova 2012
Ø Premio speciale del Premio Letterario Castelfiorentino 2016
“ LE TRE DEL MATTINO “ LA TRAMA
Antonio ha 51 anni e ricorda una serie di eventi accaduti quando il padre aveva 51 anni e lui 18 .
1983 MARSIGLIA
Iniziano i disturbi a 7 anni ma, era appena adolescente, Antonio, quando gli è stata diagnosticata la patologia dell’epilessia idiopatica. Dopo un primo consulto in Italia, il giovane, con il padre, matematico ed insegnante Universitario, e la madre, docente di lettere, ormai separati, decide di recarsi in Francia, a Marsiglia, presso lo studio del Dottor Gastaut, un luminare nel settore della malattia de qua. A seguito di questo la vita del paziente torna ad essere “quasi normale”, può riprendere gran parte di quelle abitudini a cui era stato costretto a rinunciare e la sindrome sembra ormai essere sotto controllo. Trascorsi tre anni (siamo circa nel 1983), padre e figlio – ormai diciottenne – tornano in quel de la ville francese per il responso ultimo: sarà Antonio definitivamente guarito oppure dovrà continuare a sottoporsi alla terapia?
Apparentemente, il ragazzo sembra essersi ristabilito, il medico però, decide di sottoporlo ad un’ultima prova, la cd “prova da scatenamento” (oggi vietata e sconsigliata negli ambienti clinici). Padre e figlio, obbligati a causa di quest’ultima, a restare svegli per ben 48 ore consecutive (senza farmaci curativi e supportati soltanto da sorta di pillole a contenuto anfetaminico, atte e necessarie a evitare che il sonno sopraggiunga), si conosceranno, forse, per la prima volta, e, in questo colloquio inaspettato, riusciranno a mettersi a nudo, con le loro paure, forze e fragilità. Un’intimità, quella ritrovata, che Antonio, ricorda ormai da uomo adulto, con un vigore e una forza tale da far supporre che quei giorni siano celati in tempi brevi e non nei recessi della memoria.
Il tutto è avvalorato da una penna briosa, rapida, fluente e affatto impegnativa. La prima sensazione che coglie il lettore nello scorrimento delle vicende è, infatti, la leggerezza, nonostante, i contenuti, siano di indubbia riflessione. Carofiglio si distingue dal suo solito modus operandi ed anche se è percepibile la sua impronta “dietro” il componimento, non si può non apprezzare il tentativo di rinnovamento che in esso è racchiuso. Significativo anche il dato di provenienza delle vicende, liberamente ispirate a fatti realmente accaduti.
Una storia intensa, meditativa che tocca le corde più intime dei rapporti umani e familiari.
«Ero scettico e lui per convincermi ha citato un grande matematico polacco, Stefan Banach: diceva che i buoni matematici riescono a vedere le analogie ma i grandi matematici riescono a vedere le analogie tra le analogie. E’ una definizione geniale, e il mio amico diceva che la stessa cosa vale per i giuristi: quelli bravi colgono le analogie, le omogeneità e le disomogeneità, i grandi le analogie fra le analogie. Sono capaci di portare il discorso su un livello diverso.»
«Se la gente crede che la matematica non sia semplice, è soltanto perché non si rende conto di quanto complicata sia la vita»
RECENSIONI “AD OCCHI APERTI INCONTRO ALLA NOTTE (feb 2018)”
Riemerso da una valanga di compiti da correggere, ho finalmente trovato il tempo di mettere insieme alcune riflessioni sull’ultimo romanzo di Gianrico Carofiglio, "Le tre del mattino" (ed.Einaudi), che ho letto qualche settimana fa e vi consiglio vivamente. La storia racconta di un adolescente, Antonio, che afflitto da una leggera forma di epilessia fin dall’infanzia, deve recarsi col padre a Marsiglia per una decisiva visita che stabilirà se è definitivamente guarito. Dovrà dunque evitare di dormire per due giorni e due notti, senza prendere il solito antiepilettico bensì un eccitante che lo tenga sveglio. E il padre, per controllarlo, dovrà ovviamente rimanere sveglio anche lui. Così i due gireranno per Marsiglia, di giorno e di notte, in un’atmosfera un po’ allucinata, tra monumenti e spiagge, ristorantini e jazz club. E per Antonio sarà una continua serie di epifanie (si chiamano Balikwass, in un dialetto filippino, gli verrà pure spiegato) che gli mostreranno in un’atmosfera sospesa ciò che gli era vicino e non vedeva. Conoscerà il padre intimamente, prima che sia troppo tardi, si sentirà parte del flusso di persone in cui è immerso (che prima solitamente ignorava) e insieme al quale si muove “incontro alla notte”. Percepirà il contrario della notte, il mattino, che si intravede nella frase di F.S.Fitzgerald da cui è tratto il titolo: “Nella vera notte buia dell’anima sono sempre le tre del mattino”. C’è un mattino oltre l’abisso sconfinato di cui siamo oscuramente parte. Sentiamo e percepiamo l’abisso e non possiamo comprendere né accettare l’assurdità del nostro limite, il doverci rapidamente spegnere e abbandonare la scena. Ma sentiamo anche la speranza di un chiarore o quantomeno di una gioia in fondo alle cose e ai giorni.
Si esce da questo libro con una sorta di doloroso sollievo. Se apriamo gli occhi, la nostra avventura nel mondo saprà regalarci altre epifanie, altra gioia da “dilapidare”, nonostante il buio lì in fondo. Non abbiamo altra scelta se non quella di inoltrarci con fiducia e speranza nel misterioso universo che ci ospita.
Di metafore e di epifanie, di scrittura e di paura, abbiamo parlato qualche tempo fa con Gianrico Carofiglio, nella puntata di OFFICINA LETTERARIA (conversazioni sul mestiere di scrivere) dedicata alla sua opera.
Il link alla videointervista, se ve la siete persa: https://youtu.be/AsdrPanQFxw
RIFLESSIONI
· La malattia è un pretesto… che lascia in bilico i due protagonisti…. Nell’attesa di un responso.. guarigione o malattia (?)
· La notte è una metafora …Il periodo oscuro lascia sospeso, nell’ attesa del mattino e del chiarore di una risposta
· Nello spazio sospeso della notte e del dubbio si lasciano i vincoli quotidiani e si è in contatto con la parte più intima e profonda di se stessi .Può avvenire una trasformazione inattesa che fa vedere all'improvviso il mondo con altri occhi.
· “C'è un detto cinese che suona più o meno così: due terzi di quello che vediamo è dietro ai nostri occhi. Io tendo a dire che molto di quello che non vediamo dipende da quello che c'è dietro ai nostri occhi. Non credo che esistano delle regole, ammesso che ognuno di noi sia in grado di scoprire chi è veramente. Però ci sono delle situazioni in cui l'improvvisa trasformazione del modo di vedere le cose, la trasformazione dei nostri occhi, moltiplica la capacità di intuire ciò che era davanti a noi, ma di cui non ci siamo mai accorti. “
· La conoscenza di se’
a. Il ragazzo diventa uomo
b. Il padre ha una nuova immagine di sè“è lo sguardo del ragazzo a restituire a suo padre un’idea di sé che lui aveva perduto. “.
· IL JAZZ.. Musica dell’incompiutezza
· Malattia e Normalità : Aristotele Pascal Newton…erano epilettici
malattia di un ragazzo racconta la sua incapacità di reggere la vita.
TEMI CARI : Le Città di Mare ( Marsiglia..”luogo simile a casa nostra..” )
La Notte Stanza Buia “ Scrivere è come entrare in una stanza buia… non sai chi incontrerai ….
Gianrico Carofiglio è lo stratega delle parole. Di lui, scrittore ed ex magistrato, si conosce il talento narrativo e la tendenza ad appuntire, parlando, le frasi fino a farne frecce: dritte al bersaglio. Inevitabili.
Oggi lo incontro per il lancio del suo ultimo romanzo: Le tre del mattino (Einaudi),
un libro dove non c’è nemmeno uno dei punti di forza su cui Carofiglio, 56 anni, ha costruito i suoi bestseller: non è un giallo, non è un saggio. Non ci sono né l’avvocato Guerrieri, né il maresciallo Fenoglio, personaggi chiave di molti dei suoi successi editoriali. Ci sono invece un padre, un figlio,
due notti senza sonno, Marsiglia, il jazz, la matematica. E una gran quantità di metafore, qualcuna forse involontaria.
Ora: le metafore possono essere rischiose. O peggio, noiose. Un modo per ridurre, in quattro parole, pensieri complessi. Oppure per trasformare banalità assolute in immagini. Non in questo libro, però. Qui la
Qui la notte senza sonno rappresenta un attraversamento, una seconda nascita.
Qui il passato è un equivoco. Il sesso è fragilità. Il jazz è verità. E la matematica è gioia. O almeno è così che l’ho letto io, questo strano romanzo.
Carofiglio, questo suo libro è imprevedibile, fuori da tutti i suoi schemi.
«Perfetto. È come volevo che fosse, dunque».
Le parole sono inequivocabili, eppure ognuno trova in un libro quel che gli pare. Secondo lei, che cosa c’è scritto nel suo ultimo romanzo?
«Per me è un libro sul passare del tempo, dell’amore e del talento».
Tutte cose destinate ad avere una fine?
«No, destinate a passare di mano. Da me a te, e da te a qualcun altro. Da un padre a un figlio».
E forse anche viceversa. Nel suo romanzo, è lo sguardo del ragazzo a restituire a suo padre un’idea di sé che lui aveva perduto.
«Un talento».
Che cos’è per lei?
«È una cosa che ti è stata data. E di cui hai completa responsabilità. Se la lasci lì, se non la riconosci, la coltivi, la fai crescere, diventa materiale inerte. È come l’amore: hai la possibilità di averne cura. Ma puoi decidere di lasciarlo come è, senza moltiplicarlo, scegliendo la strada che ti porta dove capita».
Finendo in una specie di non vita. Lei è stato molte cose: magistrato, politico, scrittore. Qual è il suo talento?
«Credo che sia una capacità legata alle parole. Le ho usate nella mia vita da pubblico ministero. E le uso oggi, ovviamente».
Sa come funzionano, indubbiamente.
«Ma il virtuosismo non basta. Le faccio un paragone calcistico: un giocatore può essere bravissimo a dominare il pallone. Ma se non passa, se non fa gioco di squadra, non ha nessun talento, perché, alla fine, non realizza niente. Non mette al mondo nulla. Lo stesso vale per la scrittura».
In questo caso si tratta di passare emozioni. Oppure informazioni, notizie, conoscenza.
«Quello che vuole. Purché ogni parola vada a segno».
Il suo ultimo libro è la storia di un padre e di un figlio costretti a trascorrere due notti insonni per testare una terapia per il ragazzo, a cui hanno diagnosticato una forma di epilessia. “Un romanzo di formazione”: c’è scritto nella quarta di copertina. E invece io l’ho letto, soprattutto, come il bilancio di una vita, quella del padre.
«È una storia tratta da una vicenda vera, che mi è stata raccontata molti anni fa. Naturalmente ho chiesto al protagonista il permesso di narrarla, pur stravolgendola del tutto e tenendo fede solo allo spunto dell’insonnia terapeutica. Nella prima stesura avevo raccontato soltanto un ragazzo che vagava solo, nella notte francese. Poi, di prepotenza, nelle pagine è entrato un altro personaggio: il padre. E ha preso forza e spazio. Ed è così che lui e suo figlio si ritrovano, si parlano per la prima volta, davvero. In uno spazio lungo due giorni e due notti: un attraversamento che li cambierà per sempre».
Il ragazzo scoprirà di avere un talento per la matematica. Lo ha ereditato dal padre, ma lo ha sotterrato quando lui ha lasciato la moglie e il figlio. E scoprirà anche che la loro separazione non è come se l’è raccontata. Una verità che si svela in una riga. È davvero così potente la forza delle parole?
«Quelle esatte, solo quelle. Come diceva la filosofa Rosa Luxemburg: dare il giusto nome alle cose è un atto rivoluzionario».
E dove andrebbe fatta questa rivoluzione?
«Nelle relazioni, soprattutto. Bisognerebbe sempre dirsi l’amore. Si dovrebbe continuamente riuscire a dire: “Grazie”. E anche chiedere».
Che cosa?
«Aiuto».
Lei ha detto che il talento è una cosa che “si ha”. Io penso che sia una cosa che “si è”. Saper scrivere è un’abilità che possiedi. È successo anche a lei, no?
«Che cosa?».
Lei era un magistrato che aveva pubblicato dei libri. Adesso è un romanziere.
«In realtà ho scelto di lasciare la magistratura per il grande rispetto che ho per quel lavoro. E per la stima che nutro per le persone con cui l’ho fatto. Ma a dir la verità ne ho molta nostalgia».
Quanta?
«Al punto che vorrei poter lavorare gratis su qualche caso. Sogno di poter avere per le mani dieci fascicoli e buttarmici a capofitto».
Che cosa le manca?
«L’adrenalina. La passione, insuperabile, della ricerca della verità».
Qual è la cosa più spaventosa del talento?
«Il doverne incontrare i limiti. Accorgerti che oltre a una certa soglia non puoi andare. Oppure che hai già superato il confine consentito e che avresti dovuto fermarti molto prima».
A lei è successo?
«Non lo so. Il talento è un materiale sfuggente. Meglio: elusivo. Ecco una parola che mi piace molto e che finalmente posso usare: elusivo. Suona benissimo».
La mia parola preferita è “indulgente”, ma non so mai dove scriverla.
«La scriva adesso. Indulgente è il ragazzo di questo libro. Indulgente è il suo sguardo sul padre, insegnante da una vita, che finalmente suona il pianoforte, in un locale notturno, a Marsiglia. Mentre il ragazzo applaude, per dirgli che adesso sa. E finalmente ha capito: chi è, chi sono, che cosa li lega».