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Conviviale Giornata della Memoria Paolo Veziano

autore di "Sanremo Nuova comunità ebraica nell'Italia fascista (1937-45)

  • Club: Sanremo
  • Autore: Maria Teresa EMANUELLI
  • Ultima modifica: Gennaio 2020

La Presidente Nicoletta Canton introduce l'Autore elencandone le opere scritte dal 1938 al 2014, ed evidenzia, come appare dai titoli dei lavori citati, che Paolo Veziano , originario di Isolabona, e attento alla storia del nostro territorio; conosce gli uliveti, i passi montani descritti da Francesco Biamonti; i sentieri attraversati dagli avanguardisti italiani alla conquista di Mentone nel giugno '40, come narra Italo Calvino in un bel racconto; quegli ultimi promontori sul confine, amati da Nico Orengo. La conoscenza profonda della terra e della sua vegetazione proviene a Veziano dalla cura che dedica come professione ai suoi uliveti, mentre alterna quest'attività con lo studio sistematico della presenza ebraica nel territorio esteso da Imperia a Nizza. I' Autore conclude per defininendo la presenza ebraica a Sanremo, una storia poco nota anche a livello locale, per via della fisiologica perdita della memoria popolare e della scomparsa - dovuta alla persecuzione antiebraica e alle trasformazioni edilizie - dei luoghi più simbolici della minoranza ebraica. Sul piano strettamente storiografico la vicenda, che presenta una serie di vistose anomalie, rappresenta un " unicum" nel panorama dell'ebraismo italiano del '900.

 

L' autore ce ne offre con il suo libro una vasta documentazione, che mette in luce quanto la Riviera di Ponente sia stata un " luogo nevralgico" per la "questione ebraica" dal 1938 al 1940, come emerge già nella sua opera " Ombre di confine". La vicenda della Comunità di Sanremo, non citata da Renzo De Felice nella "Storia degli Ebrei sotto il Fascismo", edito nel 1961, non è paragonabile a quella delle comunità di altre città di mare... Semmai la vocazione turistica di Sanremo induce ad un confronto con Nizza o i centri della Costa Adriatica: tutti luoghi di ritrovo, punti di attrazione culturale, dal ben rinomato clima, per gli Ebrei della prima metà del Novecento.
Le prime presenze ebraiche nella Riviera di Ponente sono rappresentate da Inglesi, seppur in numero esiguo, seguiti da Ebrei provenienti dal Centro Europa e spinti a fuggire dalla presa di potere del nazionalsocialismo. La storia ricostruita da Veziano prende le mosse dagli studi di Klaus Voigt, che descrive tempi e modi attraverso i quali l’Italia - pur sotto un regime totalitario - divenga un " rifugio precario " per gli Ebrei stranieri.
Sorprende la presenza a Sanremo e nel Ponente di più di un centinaio di Ebrei stranieri che intendono far rinascere l'ebraismo e costituire una comunità differente dalle altre, perchè nuova, proprio in un arco di anni in cui il Fascismo non ne facilita la fondazione, ma al contrario ne produce l'estinzione. Le complesse problematiche degli Ebrei italiani sono già palesi in età liberale e si acuiscono nel 1931, con la legge sui " culti anmessi”; il problema riguarda più estesamente i rapporti tra gli Ebrei italiani e i correligionari stranieri. Essere Ebrei stranieri in Italia è una situazione seria in un Paese che pur non è stato pervaso da fanatismo anti-ebraico, ma è attraversato, in ogni sua parte, da ostilità nei confronti dello straniero. Il problema non è nuovo per I' Italia e s i presenterà agli studiosi anche dopo la Seconda Guerra Mondiale. La nostra penisola, per la sua collocazione, ha sempre fatto i conti con l'accoglienza dello straniero e la pratica di inclusione o di espulsione. Quanto accade ancora con altri stranieri, lungo i nostri confini, specialmente quello italo-francese, attraverso i "cammini della speranza", descritti da Veziano, è sotto gli occhi di tutti.
L' Autore, in alcune pagine, penose da leggere, ma vere, illumina il difficile rapporto instaurato prima del 1938 tra il conformismo fascista di parte degli Ebrei italiani, adattatisi ad una nazionalizzazione collettiva che mette al margine ii forestiero, e gli Ebrei stranieri, i quali col loro carico di memorie, di dolori e di persecuzioni inducono in Italia un'ingenua speranza: tutto ciò qui non può più accadere...
Veziano inserisce nella narrazione due variabili, che permettono di leggere il libro in una prospettiva di lunga durata: la prima è la presenza nell'estremo Ponente di figure rappresentative nel campo della storia della cultura, della scienza e della filantropia: tra gli altri il filosofo Walter Benjamin - che da Sanremo mantiene rapporti epistolari con Gerhard Gershom Scholem (mistico) , Werner Kraft (poeta e scrittore) , il filosofo e sociologo Theodor Wiesengriind Adorno, Max Horkheimer, Brecht, Karl Thie me (storico e filosofo) - lo scienziato Serge Voronoff, la famiglia Bassi di Ventimiglia, il farmacista Zitomirski di Vallecrosia.
La seconda variabile è il ruolo dell'emergenza, nell' esilio, osservata da un'angolazione inedita: la dimensione casalinga della clandestinità, cioè il fatto che le pensioni ebraiche gestite prevalentemente da donne originarie di Paesi occupati hanno affrontato con saggezza i problemi degli esuli. Sull' orlo del nulla, le pensioni sono diventate luoghi di raccolta, fonte di sussistenza, di socialità, di salvezza. Fino al 1938 queste pensioni sono citate nelle guide turistiche come dimore Kasher. Qualcosa di simile accadde a Nizza e si diffonderà dopo il 1938, quando dall'Italia vi si trasferiscono Ebrei italiani, come, ad esempio, i genitori del grande storico dell'antichità Attilio Momigliano, i quali danno accoglienza a Ebrei piemontesi, prima che questi siano ghermiti dagli occupanti nazisti. II romanzo "Suite francese" di Irene Némirovsky narra in modo impressionante nel primo capitolo il terrore e i tentativi di fuga dei francesi, segnatamente i parigini, di fronte all' occupazione tedesca.
La questione degli Ebrei in Italia è un problema storiografico di grande rilievo, che lo storico De
Felice ha intuito e che, per gli Ebrei provenienti da Paesi di lingua tedesca, lo stesso Klaus Voigt ha approfondito, senza però immaginare il "caso" di Sanremo, particolare per tre ragioni:
la consistenza numeraria;
l' unitarietà della storia che sfiora il caso diplomatico, quando assieme la frattura tra chi accetta il riconoscimento giuridico e chi lo nega;
per i riflessi che il fenomeno avrà dopo il fatidico 8 settembre 1943 con gli arresti che crudelmente non contemplano "esenzioni" per gli interessati.
L' Autore dimostra che la vera emergenza della questione ebraica sotto il fascismo tocca (e non solo a Sanremo) in maggior misura gli Ebrei stranieri, contro i quali il regime esercita un vero accanimento legislativo.
Se ci limitassimo alle considerazioni fatte fin qui per accompagnare la lettura di questo buon libro
Chiuderemmo pessimisticamente il discorso, perché dovremmo dire che la storia d' Italia, osservata nell'arco di un secolo, rivela spesso gli stessi atavici, inestinguibili caratteri del cinismo, dell'opportunismo, della paura del diverso, quando non della speculazione personale ai danni dello straniero. Al contrario, l’opera di Veziano rivela l'umanità che si nasconde dentro W. Benjamin e molti altri personaggi, nonché la generosità di noti o anonimi benefattori, le cui attività sono un antidoto contro l'analisi disincantata di vicende tanto tragiche.
Come ha detto Claudel «scrivere ...di tutto è dolore; dolore della mano e dell' anima». Grazie perciò a Paolo Veziano.

Nell'aprile del 1937, le pressanti pressioni esercitate da un nutrito gruppo di Ebrei stranieri, portavano alla nascita, in verità non di una vera e propria comunità, ma soltanto di una Sezione, nella "città dei fiori". Un fenomeno in assoluta controtendenza, se si considera che in quegli anni, per effetto della cosiddetta "Legge Falco", antiche comunità del Centro e Nord Italia avevano cessato di esistere ed erano state assorbite dalle consorelle maggiori. Anche la sua composizione, che vedeva assolutamente maggioritaria la componente straniera, presentava spiccate caratteristiche di atipicità. Può apparire sorprendente che Tedeschi e Austriaci, costretti a lasciare i loro Paesi a causa delle feroci persecuzioni antiebraiche, abbiano trovato rifugio in un paese alleato dei nazisti. Ma in questo caso, le motivazioni sono meno complesse di quanto si potrebbe credere e sono legate essenzialmente a due fattori: il basso costo della vita e le opportunità lavorative che medici, odontoiatri e tecnici potevano trovare senza eccessive difficoltà.
Si può affermare, non per captatio benevolentiae delle gentili ospiti, che numerose donne, nei brevi e tormentati anni della loro presenza a Sanremo, ricoprono un ruolo da protagoniste. Sull’orlo dell'abisso materiale in cui rischiavano di precipitare, perpetuando l’antico mestiere dell'accoglienza, rilevarono la conduzione di piccoli alberghi e modeste pensioni sia in città sia nei centri vicini. L' anomalo fenomeno è confermato sia dalle carte sia dalle pagine pubblicitarie della raffinata rivista ebraica
"Davar", in cui trovarono collocazione le insegne delle pasticceri e, di alberghi e pensioni, accompagnate dalla Maghen David o dalla dicitura: frequentati dalle famiglie israelitiche. Il caso certo più noto è quello della pensione "Villa Verde", gestita da Dora Kellner, ex moglie di Walter Benjamin. II grande intellettuale ebreo, da anni in esilio e privo di risorse economiche, trovò in più occasioni nella pensione un " prezioso rifugio". Nelle "Lettere" descriss la bellezza di Sanremo, «luogo ideale per scrivere e passeggiare» e, con graffiante ironia, raccontò l'ingombrante presenza del rabbino cabalista berlinese Oskar Goldberg e dei suoi allievi che vendevano le pubblicazioni nei caffe e nelle pensioni, mentre il maestro sperimentava le teorie sui numeri al Casinò. Le lezioni di mistica, che si tenevano in quei frequentati luoghi di ritrovo, rappresentano un'altra palese irregolarità, poichè si tratta di un argomento allogeno alla cultura ebraica italiana di quegli anni.
Tornando dopo la lunga parentesi, alla neonata Sezione, alla carica di delegato fu chiama to Giuseppe Diena. Era stato brillante ufficiale durante la Prima Guerra Mondiale, era ragioniere iscritto al PNF e, per queste caratteristiche, risultava dunque persona gradita alle autorità.
II primo, improrogabile passo, fu l'acquisto di un terreno da adibire a reparto israelitico presso il cimitero di Valle Armea ma, per colmo paradosso, nessuno degli Ebrei presenti all'epoca vi è sepolto: nel migliore dei casi riuscirono a trovare la salvezza emigrando; nel peggiore - e non furono pochi - perirono nei campi di sterminio nazisti.
Diena testimonia di "una vita religiosa intensa e regolare" che si svolgeva nell'oratorio ufficiale, ospitato n e i loca li della Pens ione Fe li ce Kashere , in alcune ricorrenze, presso le abitazioni di due medici che avevano portato dalla Germania i rotoli della Legge.
Il Delegato lamentava, però, le gravi difficoltà incontrate nel convincere i recalcitranti correligionari stranieri a contribuire, anche se con somme modeste, ai bisogni comunitari. Nell'estate del 1938 nubi minacciose, sviluppatesi dopo la pubblicazione del Manifesto della Razza e del "Censimento dei cittadini di razza ebraica", oscurarono il fino allora sereno orizzonte sanremese. II tempo volse al peggio il mese successivo, quando il regime fascista emanò i provvedimenti contro gli Ebrei stranieri. Le leggi antiebraiche mettevano a nudo la fragilità di una Sezione composta - lo si è detto poco sopra - per la quasi totalità da stranieri e ne annunciavano I' irrimediabile scioglimento.
II momento dell'esclusione era arrivato all' improvviso: entro il 12 marzo del 1939 un centinaio di persone avrebbero dovuto nuovamente preparare le valigie e cimentarsi nella non facile impresa di cercare un nuovo " rifugio precario".
II colpo inferto dalle leggi razziali fu durissimo, ma l'ebraismo della Riviera mostrò un ' insospettabile capacità di rigenerazione, alla quale contribuirono due fattori: i bombardamenti che colpirono durante la guerra le grandi città de! Nord; l'arrivo dalla Francia di un nutrito gruppo di corregionali con passaporto italiano che, fino alla primavera del 1943, furono esentati dall'obbligo di portare la stella gialla.
Si stima che alla vigilia dell'occupazione tedesca risiederono in Riviera poco più di 100 Ebrei, molti dei quali vecchi e ammalati, i cui movimenti erano strettamente controllati e i loro eventuali spostamenti accuratamente registrati.
Le SS tedesche, che poterono contare sulla preziosa collaborazione della polizia italiana scatenarono, nella notte del 25 novembre del 1943, la caccia all’Ebreo a Sanremo e nelle cittadine vicine di cui furono vittime più di trenta persone. Il lento, ma inesorabile stillicidio di arresti ebbe termine soltanto nella primavera dell’anno successivo. Il tributo pagato alla Shoah dalla Riviera fu pesante: 53 Ebrei furono deportati nei campi di sterminio, solo 5 riuscirono a sopravvivere.
Nel dopoguerra, e per molti decenni - per motivi indicati in premessa - una pesante cappa di oblio avvolse la breve, ma intensa storia della presenza ebraica a Sanremo. Sopravvivono, conservate negli Archivi, le carte della persecuzione e, oggi, una lapide posta all' ingresso del cimitero israelitico di Valle Armea ricorda la deportazione degli Ebrei sanremesi.
Rimane, infine, irrisolto - e probabilmente irrisolvibile - il mistero della separazione della valigia contenente alcuni scritti che Walter Benjamin lascio nel 1938 a Villa Verde.
La Relazione di Paolo Veziano, così ricca di particolari storici, essendo basata su documenti ufficiali, sostenuta da rigoroso studio e decennali ricerche, suscita vivo interesse, coronato da un caloroso applauso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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