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L' Ape Dipinta

La rappresentazione delle api nella pittura dalla preistoria a oggi

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Oggi pubblichiamo il quarto articolo sul mondo delle api: un attento e interessante percorso relativo alla rappresentazione delle api nella pittura dalla preistoria ai giorni d'oggi. 

L'ape dipinta dalla preistoria ai nostri giorni - Giovanna Bacci di Capaci Vicepresidente Soroptimist Club Livorno, contitolare Galleria D'Arte

Come le api si spostano da fiore in fiore per raccogliere il nettare, noi con estrema leggerezza ci sposteremo da un secolo all'altro per una veloce e snella ricognizione al fine di recuperare immagini che immortalano le laboriose e instancabili produttrici di miele, cera, propoli e pappa reale. Queste preziose creature che vivono a migliaia in regolata comunità matriarcale (nei favi che da sempre si sono costruiti con la cera che producono, o nei bugni e nelle arnie apprestategli dagli uomini) sono state da tempi immemorabili molto apprezzate dagli esseri umani e di conseguenza anche raffigurate e dipinte. Le api oltre a fornire prodotti preziosi, attuano da fior di millenni il miracolo dell'impollinazione, un'attività determinante per il nostro pianeta e per il suo equilibrio, che è stata "scoperta" in tempi abbastanza recenti.

L'ape è stata riprodotta in arte e nell'arte applicata (vetro, gioielli, ceramiche, numismatica, ecc.) più che altro a livello simbolico e allegorico per gli intrinsechi significati (purezza, castità, equilibrio, industriosità, forza, saggezza, pulizia, organizzazione, eterna rinascita, temperanza, nobiltà, intraprendenza, ecc.) di cui l'umanità ha investito quest'operoso insetto comunitario, attribuendogli veri e propri valori sacri o esoterici, tant'è che l'ape insieme all'alveare è simbolo impiegato anche dalla massoneria.

L'ape è stata dipinta però anche a puro livello figurativo, e la possiamo trovare immortalata nelle eleganti nature morte del Sei e del Settecento: raffigurata insieme a altri insetti con la precisione scientifica fornita dalla lente di ingrandimento, oppure singola o a sciame mentre punge l'imprudente e goloso Cupido che vuole accaparrarsi del miele, o mentre svolazza intorno agli alveari quando gli apicoltori compiono quei rituali di raccolta e di cura che si sono perpetuati nei secoli: mestiere antico è quello dell'apicoltore, la cui origine si perde nella notte dei tempi.
Per realizzare questo breve viaggio sull'ape dipinta o scolpita, mi sono largamente servita della navigazione on-line che ha offerto diverse strade e riferimenti alla mia ricerca. Una ricerca veloce che, senza alcuna pretesa, vuole semplicemente raggruppare le opere d'arte individuate on-line nei vari siti che ho visitato, di cui per rispetto e correttezza riferirò puntualmente la fonte, anche al fine di indirizzarvi coloro che ne vorranno sapere di più.
La più antica immagine che attesta il rapporto uomo - api mellifere selvatiche la troviamo nell'arte rupestre e risale a circa 7000 anni a.C. Si tratta di una scena di raccolta del miele che si trova nella Grotta Cueva di la Araña (Valencia, Spagna).  Una silhouette nera - dalle fattezze mi viene da pensare che sia una donna, anche se sembra che i cacciatori di miele fossero gli uomini - arrampicata su delle liane (?) si avvicina a un alveare selvatico per saccheggiare il miele che metterà nel recipiente che porta con sé, mentre le api disturbate le ronzano intorno. Vi sono altri esempi di arte rupestre con graffiti che raffigurano molteplici scene di apistica e consiglio di visitare il sito http://www.cartantica.it/pages/apiinarte.asp realizzato da Renzo Barbattini dell'Università di Udine che è molto ben fatto e completo, con immagini di opere d'arte e notizie sull'apistica nei secoli.

L'ape e l'apicultura sono presenti già nel 2600 a.C. nei geroglifici dell'antico Egitto, e anche nel mondo greco il simbolo dell'ape è spesso presente in numismatica, nelle ceramiche, nell'arte orafa. Ricordiamo il famoso pendaglio di Mallia (1700 a.C.), gioiello regale di arte cretese, che rappresenta due api che depositano del miele in un favo (Museo archeologico di Heraclion, Creta); ci sono poi le monete della città di Efeso (II secolo a.C.) con una grande ape in rilievo e ancora la celebre scultura che rappresenta la Diana (Artemide) di Efeso con tutti gli emblemi e simboli che la adornano, tra cui appunto l'ape. Presentiamo la copia in alabastro della Diana efesina risalente al II secolo d.C. conservata nel Museo archeologico nazionale di Napoli, e il particolare della veste con l'ape sul fiore.

Nella civiltà cristiana l'ape assume la simbologia delle sacre virtù, della castità, della rinascita e della resurrezione. Diversi santi tra i quali Santa Rita da Cascia, San Giovanni Crisostomo, Sant'Ambrogio hanno legami prodigiosi con le api che li hanno protetti fin da quando erano in fasce. Vi propongo il suggestivo murale con il quale Milano nel 2020 ha omaggiato il suo Santo patrono nonché protettore delle api, eseguito da Igor Scalisi Palminteri, in cui Sant'Ambrogio in testa non porta la mitra vescovile ma il copricapo dell'apicoltore, ed è un apicoltore a tutti gli effetti, moltissime sono le api che accoglie e protegge, che vogliono rappresentare i milanesi laboriosi.

Nella Basilica di Sant'Apollinare in Classe a Ravenna, patrimonio dell'umanità dichiarato dall'Unesco, diamo un'occhiata alla splendida decorazione del catino absidale con il suo prezioso mosaico (metà del secolo VI): nella parte alta campeggiano il cielo stellato e la croce gemmata, in quella inferiore si dilata una verde vallata adorna di fiori, cespugli ed uccelli. La figura centrale è Sant'Apollinare – primo vescovo di Ravenna e martire – in atteggiamento orante, le pecore - che simboleggiano i dodici apostoli - sono il gregge cristiano a lui affidato. Se osserviamo l'abbigliamento del Santo, notiamo che sulla tunica bianca poggia la casula che è punteggiata da api d'oro, simbolo di eloquenza; e se osserviamo con maggiore attenzione la casula, essa appare come un bugno rovesciato.

Durante tutto il Medioevo le immagini delle api si moltiplicano, come quelle di molti altri animali che all'epoca vengono tutti interpretati in chiave allegorica, attribuendo loro requisiti morali positivi o negativi, da copiare o da scansare. L'ape, emblema molto positivo, è tra i soggetti più raffigurati nei bestiari, negli exultet (manoscritti liturgici fatti a rotolo) e nelle miniature.

Le api sono rappresentate piuttosto grossolanamente, ma queste miniature sono comunque affascinanti, in equilibrio tra l'emblematico, il fantastico e il vagamente realistico.
E ora, saltiamo a piè pari a metà Quattrocento, in pieno Umanesimo e poi nel Cinquecento, in pieno Rinascimento.

Questa bellissima tempera di Andrea Mantegna dal titolo L'orazione nell'orto (1456-59) è la versione conservata nel Museo di Belle Arti di Tours. Per Gesù che prega nell'orto del Getsemani - mentre gli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo non riescono a stare svegli – è giunta l'ora del tradimento, Giuda si sta avvicinando con un gruppo di soldati romani. In secondo piano sul muretto si possono osservare due rustici alveari, che simboleggiano il significato cristiano della resurrezione.

Incontriamo ora il Carro di fieno (1516), trittico di Hieronymus Bosch, artista inquietante e visionario, più legato per i complessi simbolismi di cui arricchisce le sue composizioni all'alveo allegorico medievale che all'umanesimo. Il dipinto, conservato al Museo del Prado di Madrid, è la rappresentazione dell'avidità umana scatenata dal passaggio del carro del fieno, come dice il proverbio «Il mondo è come un carro di fieno, ciascuno ne arraffa quel che può». Una composizione onirica dai risvolti magici, ma descritta con puntuale realismo, affollata di esseri umani, di animali e di oggetti misteriosi.

Per trovare le api in questo horror vacui, dobbiamo osservare il pannello di sinistra che rappresenta quattro episodi biblici. Dal basso verso l'alto: la cacciata dal paradiso terrestre, Adamo ed Eva circuiti dal serpente, Adamo ed Eva appena creati dall'Onnipotente e gli angeli ribelli allontanati dal Paradiso che precipitando verso terra si trasformano in rospi, insetti e anche api.

Vi propongo poi un'opera a penna su carta di Albrecht Dürer che rappresenta Cupido ladro di miele (1514) conservata nel Museo Nazionale di Vienna. Si tratta di un'ironica scena di fantasia, in cui Dürer si burla del ladruncolo Cupido che invece di lanciaredardi d'amore, scappa inseguito dallo sciame che ha tentato di derubare e cerca protezione dalla madre Venere che lo guarda divertita e per niente preoccupata.

Ecco invece un disegno molto realistico che descrive minuziosamente il lavoro degli Apicoltori (1566-1568), figure un po' inquietanti di "incappucciati" che suscitano una certa apprensione. È opera di Pieter Bruegel il Vecchio, conservata nel Museo Nazionale di Berlino.

Prima di passare ad altri secoli ci soffermiamo su una delle versioni di Venere e Amore (che reca un favo di miele) del 1531, conservata nella Galleria Borghese di Roma. Si tratta di un'opera di Lucas Cranach il vecchio, amico di Martin Lutero e allievo di Dürer, rappresentante del rinascimento tedesco.

Una Venere che ha l'aspetto di una dama di corte che, con l'elegante copricapo piumato, la reticella dorata che raccoglie i capelli e con il vezzo al collo, sembra colta dall'artista per caso non ancora vestita. Il suo corpo allungato e snello ha un biancore di alabastro, un velo impalpabile non riesce a coprire la sua nudità abbagliante sullo sfondo nero, il figlio Cupido con il favo (simbolo del piacere) in mano si gode il miele ma le api (in questo caso simboli del dolore legato al piacere) gli stanno pericolosamente d'intorno. La scena ha un sapore fiabesco, Venere diffonde una sensualità soave e misteriosa, più casta che voluttuosa, forse vuole ricordare agli uomini che i piaceri dell'amore sono effimeri, come recita letteralmente il monito latino di Teocrito scritto in alto a destra del dipinto "Come Cupido bambino ruba il miele dall'alveare e l'ape punge il ladro sulla punta del dito, così anche la caduca e breve voluttà delle nostre brame è nociva e portatristezza e dolore" (siamo in piena Riforma luterana!).

Nel Seicento le api continuano ad apparire abbastanza numerose nei dipinti o negli affreschi come in quello dedicato al Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano III (Barberini) che Pietro da Cortona realizzò tra il 1632 e il 1639 sul soffitto dell'enorme salone (400 mq) dei ricevimenti di Palazzo Barberini a Roma. Del grandioso, scenografico e complesso affresco colmo di personaggi mitologici, religiosi e allegorici - uno dei più precoci e compiuti esempi di Barocco italiano - presentiamo il particolare che inquadra le tre api. Ricordiamo che le api erano le industriose creature scelte dai Barberini (ex Tafani) per adornare il loro stemma e rappresentare la loro casata. Diversi monumenti scultorei romani elaborati da Gian Lorenzo Bernini su commissione dei Barberini contengono le api (v. per esempio la Fontana delle api).

Nel Seicento le nature morte (o nature silenti) nascono come genere artistico a sé stante, non sono più secondarie come nei secoli precedenti in cui sono rappresentate, ma fanno parte di un insieme in cui i protagonisti sono gli uomini con le loro vicende mitologiche, religiose, allegoriche. Il primo a dipingere una natura morta vera e propria forse è stato Caravaggio (1571 - 1610), la sua Canestra di frutta è notissima. In tutta Europa tra la fine del Cinque e per tutto il Seicento va diffondendosi l'interesse per la natura silente, ma sono i pittori fiamminghi, in particolare, ad apprezzare questo nuovo genere artistico, e dipingono composizioni di frutta e di fiori, specialmente dei preziosi e fino ad allora sconosciuti tulipani, aggiungendovi piccoli animali come lucertole, farfalle, api, coleotteri ed altri insetti.

Ecco l'ape della Natura morta con piatto di cedri (1640 -1659) del J.P. Getty Museum di Los Angeles (USA) di Giovanna Garzoni, pittrice di origine veneta, che lavorò per le più nobili famiglie d'Europa ed ebbe grande fama in vita, viaggiatrice, indipendente, soggiornò a lungo a Firenze, dove lavorò per il Granduca Ferdinando II e a Roma.

Nel Settecento troviamo rare api nelle nature morte di gusto scientifico, come Rosa con scarabeo e ape, opera dipinta dalla pittrice olandese Rachel Ruysch nel 1741.

Ritroviamo le api per il loro emblematico significato tra la fine del Settecento e gli inizi Ottocento ricamate sugli abiti di rappresentanza di Napoleone che impiegò le api come simboli araldici personali e del suo impero, immettendone tre negli stemmi delle città conquistate (Bonnes Villes).Tutti noi ricordiamo la monumentale tela dell'Incoronazione di Napoleone (1805-1807) di Jaques Louis David, assai nota per il gesto di Napoleone che, di fronte al papa venuto da Roma apposta, durante la solenne cerimonia del 4 dicembre 1804, si è auto incoronato e si accinge a incoronare la moglie Giuseppina.

Durante l'Ottocento, dove trionfa il realismo e la campagna è stata oggetto di tantissimi dipinti, troviamo assai rare immagini che hanno a soggetto le api o gli alveari. Potete vedere il dipinto La figlia dell'apicoltore realizzato da John Henry Bacon nel 1881, nel sito di RenzoBarbattini

(http://www.cartantica.it/pages/apienovecento.asp) .

Ecco un dipinto del pittore inglese Charles Napier Hemy dal titolo the Widow eseguito nel 1895. La presenza degli alveari nei dipinti della pittura realista e naturalista è del tutto occasionale.

Nel Novecento si assiste a un revival dell'ape che riappare come protagonista per i suoi valori metaforici.
Mi piace presentarvi un bel disegno di Benvenuto Benvenuti, pittore divisionista e simbolista livornese, uomo di notevole spessore spirituale con sensibilità esoteriche, poeta e mediatore culturale. Si tratta de Il giardino o le tre arnie, opera eseguita da Benvenuti intorno al 1920, di andamento simbolico e di gusto art nouveau. Benvenuti dedica alle api anche un altro suggestivo dipinto di andamento simbolista, dal titolo Le Arnie eseguito nel 1921 (Collezione Fondazione Livorno, Livorno).

Come avverte Barbattini nel suo sito, non sono api ma ditteri sirfidi gli insetti posizionati nell'affresco Il favo e le api eseguito da Amedeo Bocchi nel 1917 per la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, oggi sede centrale della Cariparma. Un errore dal punto di vista della correttezza scientifica che nulla toglie all'inequivocabile qualità artistica di questa geniale composizione pittorica. Infine vi mostro Le api della Torah, opera di Emilio Isgrò, che ho tratto dal sito dello Studio Guastalla di Milano che nel 2001 ha dedicato una mostra dal titolo "Insetti e filosofi" a questo interessante artista concettuale contemporaneo, nato nel 1937, anche poeta, drammaturgo e regista. Per completare il nostro rapido viaggio sull'ape dipinta, ecco a voi alcune immagini elaborate dallo street artist Louis Masai Michel di Londra che, portando avanti il progetto Save the Bees, ha reso le api protagoniste dei muri londinesi. La serie delle sue api urbane è diventata molto popolare e le preziose creature sono comparse a Bristol, nel Devon, in Croazia, a Miami, a New Orleans e a New York. Con i graffiti murali - che rallegrano le pareti, altrimenti tristi e opprimenti, di certe zone delle città e delle periferie – Masai, insieme all'amico artista Jim Vision, richiama l'attenzione dei cittadini sulla virtuosa dote, propria delle api, di impollinare la vegetazione, cooperando così da millenni per la biodiversità del nostro pianeta. "Il mio lavoro con la campagna Save the Bees" afferma Masai "è nato dal desiderio di aumentare la consapevolezza su un'imminente crisi ambientale" che seguirà all'estinzione delle api.

Noi donne del Soroptimist per il centenario della fondazione del nostro Club (1921- 2021) abbiamo voluto porre l'accento sull'importanza vitale di questo messaggio di allarme. Abbiamo così realizzato in tutta Italia le Oasi delle api, accrescendo il numero di arnie nelle nostre province, intensificando la piantumazione di piante mellifere, sensibilizzando la cittadinanza e i bambini in particolare all'amore e al rispetto delle api, che significa, di fatto, rispetto del territorio e dell'ambiente. È fondamentale educare al rispetto di questi insetti profondamente utili per l'agricoltura mondiale e sul serio rischio di una loro estinzione a causa del degrado ambientale che accompagna i nostri tempi e che è una minaccia reale per la sopravvivenza dell'intera civiltà umana. L'uso dissennato di pesticidi, la distruzione dell'habitat naturale per promuovere enormi coltivazioni monocolturali e colture geneticamente modificate, l'inquinamento dell'atmosfera, dell'acqua, del mare stanno profondamente danneggiando il nostro ecosistema e gli esseri umani, purtroppo, ne sono in gran parte i responsabili.Ma voglio concludere il nostro percorso con una notizia positiva e con il dipinto che l'artista livornese Katia Alicante ha eseguito sul frontale di una nostra arnia, econ il quale ha partecipato alla terza Edizione di Apiario d'Autore, artisti a SOStegno delle api, ideato dall'Ing. Mauro Rutto. 

Alcuni ricercatori bosniaci hanno avuto una felice intuizione e si servono delle api debitamente addestrate (e seguite da droni), per individuare le mine antiuomo e anticarro che durante le guerre dei Balcani sono state disseminate in aree estese, anche vicine ai centri abitati, di quel territorio e che ancora fanno tante vittime. Le api sono leggere, e non rischiano come i cani anti-bomba di esplodere. Grazie anche per quest'altro dono, amiche api!

Per leggere  l'articolo intero correlato con tutte le immagini aprire l'allegato in PDF (nel riquadro grigio)

 

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